Svegliamoci!

26.06.2024

 PER NON PRECIPITARE NEL GORGO DELLA GUERRA!

E NELLA GUERRA "ATOMICA"!

ARMI NUCLEARI NEL CONFLITTO UCRAINO: LA BANALIZZAZIONE DEI DISCORSI SUL LORO USO RISCHIA DI CONCRETARLO

Di Alfonso Navarra – prima stesura del 26 giugno 2024


(Si ricorda l'incontro online programmato per il 30 giugno 2024 - dalle ore 17:30 alle ore 20:00)

I

 disarmisti esigenti ti stanno invitando a una riunione pianificata in Zoom.

Argomento: L'opposizione alla guerra è diventata divisiva per la difesa della Costituzione?- Confronto online

Ora: 30 giu 2024 05:30 PM Roma

Entra Zoom Riunione

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ID riunione: 835 5145 5986

Codice d'accesso: 300451

Trova il tuo numero locale: https://us06web.zoom.us/u/kcPmkUm3n5


La guerra in Ucraina tra i suoi effetti nefasti annovera anche l'esplicita minaccia dell'impiego delle armi nucleari, riferito in particolare alle cosiddette "tattiche", da parte dei combattenti più potenti, quello russo direttamente impegnato e quelli USA/NATO, più o meno dietro le quinte in aiuto a Kiev.

Per citare gli episodi più recenti, da parte russa la spada atomica non è stata agitata solo da Capitan Fracassa Medvedev, cui è affidata la parte in commedia del "pazzo che deve spaventare". L'ultima intimidazione è provenuta dallo stesso Putin durante la sua visita in Corea del Nord.

Oltre le parole ci sono poi le esercitazioni nucleari congiunte con la Bielorussia, dove il Cremlino ha iniziato a stoccare alcune delle sue testate nucleari "tattiche" nel 2023.

Subito dopo il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, per non essere da meno, ha spinto sulle capacità nucleari dell'Alleanza, che – a suo dire - dovrebbero essere potenziate, ovviamente per fare fronte alle minacce provenienti da Russia, Corea e Cina.

Come se nulla fosse, Stoltenberg, in questo contesto, scadendo al livello di Medvedev, ha informato che "gli F35 olandesi possono lanciare bombe atomiche".

Chi scrive si ritiene abbastanza sicuro di escludere che sia Putin che Stoltenberg stiano immaginando in cuor loro di combattere una "guerra atomica". Ma non è questo il punto. Quello di cui si tratta di prendere coscienza è che è un modo di scherzare col fuoco avvisare un giorno sì e l'altro pure: "Guarda che io il bastone atomico ce l'ho, ed al momento opportuno sono capacissimo di usarlo. Anzi, sono proprio determinato a usarlo".

L'impiego dell'arma nucleare, riprodotto quale "Al lupo, al lupo!" reiterato, si fa così discorso banale e questa grossolana caduta dal tabù nell'ordinario però, al contrario della dinamica raccontata nella famosa favola, lo fa purtroppo slittare nella dimensione di un rischio di cui ci si deve fortemente preoccupare.

La "deterrenza" reale, infatti, non funziona come la deterrenza immaginaria che ci propina la presunta scienza geopolitica ufficiale, quella che attribuisce all'"equilibrio del terrore" l'assenza, negli ultimi sette decenni, di una guerra mondiale frontale tra le superpotenze militari. L'equilibrio del terrore nella realtà è sempre stato uno squilibrio; e - se le escalation nelle crisi hanno trovato uno stop - bisogna anche rendersi conto che la semplice fortuna in esse ha sempre giocato un ruolo, al di là della possibilità sempre presente della "guerra nucleare per errore tecnico".

Ho tentato di illustrare questa dinamica nel mio "La guerra nucleare spiegata a Greta" , pubblicato da EMI Edizioni.

La gestione della "Guerra Fredda" aveva tentato a suo tempo di controllare il rischio escalation con accorgimenti sia di comportamento negoziale e politico sia con procedure di comunicazione ad hoc. Le crisi si svolgevano ma c'era una specie di rete di protezione dispiegata dai loro attori che erano ben coscienti che ad un certo punto bisognava fermarsi e uscire dal "gioco del pollo", descritto da Thomas Schelling. È quello che accadde nella crisi dei missili di Cuba del 1962 ma anche in altre occasioni il copione fu seguito. Si costruì, allora, una architettura di trattati internazionali con al cuore il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP). Un "telefono rosso" metteva direttamente in comunicazione Washington con Mosca.

Oggi sembra che le regole non scritte della gestione delle "crisi atomiche" siano state dimenticate, mentre sta saltando l'insieme collegato di tutti i trattati internazionali e non esistono più, né forse possono esistere in epoca digitale, "telefoni rossi".

L'atteggiamento implicito che il "bastone atomico" lo si porta sempre dietro le spalle ma non lo si agita apertamente è saltato: questo significa che lo strumento massimo della supremazia militare da simbolo della garanzia del reciproco annientamento è diventato qualcosa d'altro; e non si capisce bene cosa.

La fase dell'"equilibrio del terrore" è finita come illusione, gli equilibri di potenza sono tutti in discussione, si parla di riarmo e non di disarmo, e la minaccia della forza militare per affermare la propria superiorità non incontra più remore.

Lo sviluppo tecnologico ha rimodellato la deterrenza nucleare per aspetti che, a mio parere, aumentano il rischio dell'impiego delle armi nucleari. Sono decisivi due processi: 1) l'applicazione dell'Intelligenza artificiale; 2) la miniaturizzazione.

Un working paper redatto dal sottoscritto con Luigi Mosca, per il Terzo meeting degli Stati Parte del TPAN, affronta questo problema del rischio crescente e indica un percorso di soluzione attraverso la proposta di un collegamento tra la Campagna ICAN e la Campagna NFU.

L'impiego dell'intelligenza artificiale è insieme causa e prodotto della riduzione dei tempi in cui verrebbe a svolgersi uno scambio di missili nucleari. Sarebbe comunque una situazione inaccettabile che la decisione sulla vita e sulla morte di porzioni di umanità, se non dell'umanità intera, fosse delegata ad una macchina. Oggi però navighiamo in una corrente di primi esperimenti, che comunque favoriscono una corsa agli armamenti poiché le nazioni cercano di sviluppare sistemi più avanzati e intelligenti per gli apparati "atomici". Questo già contribuisce ad aumentare la tensione globale. L'IA potrebbe commettere, su scala molto maggiore rispetto ai sistemi informatici attuali, errori o malfunzionamenti imprevisti, portando a decisioni errate riguardanti l'uso delle armi nucleari. Questo rischio potrebbe avere conseguenze catastrofiche, già comunque presenti nell'attuale configurazione della deterrenza.

La miniaturizzazione porta a costruire armi nucleari di taglia sempre più piccola ("mininukes") ma di potenza non trascurabile, e con una maneggevolezza che le rende adatte al campo di battaglia (ed alla decisione di usarle da parte del militare che comanda sul campo di battaglia). A livello di storia globale, per quanto se ne sa, l'unica volta in cui forse si è andati vicini al loro impiego intenzionale fu nella guerra tra India e Pakistan per il Kashmir, nel 2001.

Si parla adesso di questo tipo di bombe quando si accenna alla possibilità che, su ordine di Putin, l'esercito russo, in caso di difficoltà sul terreno per una contro-offensiva ucraina che sfondasse il fronte, decida di farne esplodere una, o più di una, "a scopo dimostrativo".

Il protrarsi strascinato della guerra in Ucraina può portare a questo sbocco drammatico, tanto più che la Russia di Putin dichiara di lottare per la sua sopravvivenza e quindi di essere indisponibile alla sconfitta. Una situazione di "Caporetto" russa sul campo potrebbe chiamare un impiego "tattico" dell'arma nucleare, per tentare di ribaltare la situazione e mandare allo stesso tempo un segnale simbolico di impatto sconvolgente ma inequivocabile.

Bisogna ribadire, allora, che i discorsi che portano a banalizzare l'impiego del nucleare tattico rischiano di favorire una deriva che è indispensabile contrastare prima che possa decollare e nuocere in modo irreparabile. L'idea di una mininuke maneggiabile, controllabile, magari "sostenibile", dall'impiego decentrato, consentita dalla fanatizzazione di popoli accecati dall'odio bellico, potrebbe avviare scatenamenti incontrollati e incontrollabili, con le conseguenze catastrofiche che si possono facilmente immaginare.

Ammesso e non concesso che l'escalation di colpi e contro-colpi nucleari a un certo punto si arresti, è difficile pensare che dopo una simile guerra si possa lavorare a prospettive di pace tra i popoli che sono stati coinvolti nel massacro. Il dissodamento dei "giacimenti di odio" accumulati sarebbe comunque una fatica improba.

Fatto uscire dal vaso di Pandora delle armi di sterminio di massa il nucleare "tattico", verrebbe definitivamente accantonato l'imperativo che il nucleare lo si possiede solo per minacciarlo, ma non lo si usa, facendo così saltare in modo distruttivo, non costruttivo come vogliamo noi, la logica illusoria della deterrenza.

La nostra denuncia consapevole e la nostra mobilitazione può evitare che ciò accada. La follia del nucleare va ripudiata, e un primo passo per l'Europa riguarda proprio il rifiuto delle armi di teatro finalizzate a una "guerra nucleare limitata". Ma il nostro orizzonte non deve essere ripristinare la credibilità della MAD (Mutua Distruzione Assicurata) bensì fuoriuscire del tutto dalla logica illogica della deterrenza, fare in modo che dalla proibizione si passi alla eliminazione effettiva degli ordigni nucleari.

Stiamo concentrando l'attenzione sulle armi nucleari, ma non è un caso che lo abbiamo fatto in relazione alla guerra ad alta intensità, che è tornata in Europa e si sta riaffacciando in Medio Oriente.

Vogliamo sottolineare che non possiamo rimuovere questo fenomeno politico ma porlo al centro delle nostre preoccupazioni ed occupazioni.

Gli studi storici ci dimostrano che non c'è alcuna assicurazione che una guerra che tutti i potenti cercano di contenere a parole non sfugga al controllo dei protagonisti e diventi un conflitto generalizzato di ampiezza disastrosa.

Ricordiamo il volume dello storico australiano Cristopher Clark, intitolato "I sonnambuli", riguardante ciò che, nel 1914, preparò lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.

Nei tempi attuali è possibile che si ripeta un processo analogo, in virtù del prolungamento della guerra tra NATO e Russia sul territorio ucraino.

Ecco che nostro compito diventa fare chiasso, scuotere chi cammina dormendo per evitare che precipiti nel baratro.

Popoli d'Europa, popoli della Terra, prima che sia troppo tardi: svegliamoci!

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