Sostegno militare a Kiev: quanto ci costa nel bilancio italiano ed in quello europeo

18.03.2023

da parte di Alfonso Navarra -portavoce dei Disarmisti esigenti - cell. 340-0736871

 
Il Consiglio europeo, che riunisce a Bruxelles i 27 capi di Stato e di governo, torna il 23 e il 24 marzo a decidere, su proposta di Mr PESC Josep Borrell, aiuti finanziari e militari a Kiev, lasciando chiuso il percorso verso una pace politica e diplomatica, reso ancora più complicato dalla notizia dell'incriminazione di Putin da parte del Tribunale Penale Internazionale. L'Unione europea ha già stabilito che "rimarrà al fianco dell'Ucraina fornendole il suo risoluto sostegno per tutto il tempo necessario". Nel vertice svoltosi nel febbraio 2023, l'assistenza complessiva fornita all'Ucraina dall'Unione europea e dai suoi Stati membri è stata stimata ad almeno 67 miliardi di euro. Sempre in quel summit di febbraio il sostegno militare complessivo della UE all'Ucraina era stato valutato a circa 12 miliardi. 

Le schede informativa sulla solidarietà UE con l'Ucraina, aggiornate al 3 marzo 2023, si trovano al seguente link:https://eu-solidarity-ukraine.ec.europa.eu/factsheets-eu-solidarity-ukraine_it

Il Consiglio del 23 e 24 marzo sarà una tappa importante perché i capi di Stato e di governo dell'Unione potranno dimostrare con i fatti il sostegno all'Ucraina sempre ribadito a parole: la proposta di Borrell, se approvata, «esaurisce» infatti totalmente l'ampliamento dell'European Peace Facility concordato alla fine dell'anno scorso Nel fondo resterebbero quindi 1,4 miliardi di euro fino al 2027: un budget decisamente insufficiente per continuare ad armare l'Ucraina a questi ritmi. Gli Stati dell'Unione hanno già aperto alla possibilità di un aumento di altri 5,5 miliardi del fondo, ma per concretizzarlo è necessario appunto trovare un altro accordo.


Il 22 marzo, in previsione di questo Consiglio UE, è fissata una discussione, con voto, delle comunicazioni che la premier Giorgia Meloni indirizzerà al parlamento italiano (la Camera a palazzo Montecitorio) con riferimento al suo viaggio successivo a Bruxelles, per il citato vertice del 23 e 24 marzo. 

Da parte dei commentatori politici l'appuntamento è stato inquadrato come un momento discriminante relativamente alla natura e all'assetto degli equilibri politici vigenti. Sulla guerra in Ucraina il governo guidato dalla Meloni chiederà chiarezza filo-Kiev e filo-NATO, in particolare al Pd, ora capeggiato dalla nuova segretaria Elly Schlein; ma, a ben vedere, anche agli stessi alleati di Fratelli d'Italia, Forza Italia e Lega.
Ci si perdoni il linguaggio da infotainment: alla Camera arriverà il decreto "umanitario" sull'Ucraina ma l'appuntamento per "stanare" la "suocera" Schlein sulla posizione dei "democratici" in merito (ma anche le "nuore" Salvini e Berlusconi) è, appunto, quello del 22 marzo, quando il presidente del Consiglio Meloni andrà a riferire in Aula. Per quell'occasione verrà preparata una risoluzione ad hoc per capire se ci sarà, come c'è stata finora, la sponda del Partito democratico, ben differenziata dalla opposizione "pacifista" del Movimento 5 Stelle.
Da parte di Disarmisti esigenti & partners, e si spera da parte del pacifismo esigente, la pressione dovrà essere in direzione contraria: portare quanto più PD possibile, auspicabilmente tutto, e quanti più deputati in ogni partito, ad abbracciare una posizione che lavori per la pace per il tramite della pace. (Questa contraddizione, a lavorarci bene, potrebbe essere approfondita nello stesso schieramento governativo di centro-destra attraversato dal "pacifismo utilitaristico"). Lo abbiamo già scritto nel volantino che abbiamo distribuito alla manifestazione del 5 novembre 2022 (corteo svoltosi nella capitale Roma che paradossalmente non chiedeva nulla al governo italiano): se le armi devono tacere, esse non devono essere apparecchiate per i belligeranti, per chi dà loro la parola, per chi le usa.


Organizziamo quindi, DE & partners, una conferenza stampa dei digiunatori e dei loro sostenitori - "portavoci del popolo" perché espressioni del sentimento pacifista della maggioranza degli italiani - in Piazza dell'Esquilino dalle ore 11:00 alle 12:00 nel contesto di un presidio, sempre nella medesima piazza, che dovrebbe protrarsi dalle ore 8:00 fino alle ore 18:30.


Un'inchiesta del sito pagellapolitica.it ha dimostrato "parziale e fuorviante" la dichiarazione resa dalla premier Meloni a Bruno Vespa: "Il sostegno in armi all'Ucraina non costa nulla agli italiani".
Ecco il paragrafo, curato da Carlo Canepa, dedicato a "le armi italiane all'Ucraina".


"Dall'inizio della guerra l'Italia ha inviato sei pacchetti di armi e mezzi militari all'Ucraina: cinque sono stati approvati dal governo di Mario Draghi e uno dal governo di Giorgia Meloni. Il primo invio è stato stabilito con un decreto del Ministero dell'Interno del 2 marzo 2022. I successivi decreti sono datati 22 aprile 2022, 10 maggio 2022, 26 luglio 2022, 7 ottobre 2022 e 31 gennaio 2023. I primi cinque decreti ministeriali poggiano su un decreto-legge approvato alla fine di febbraio 2022 dal governo Draghi, e poi convertito in legge dal Parlamento, che ha concesso al governo di inviare armi all'Ucraina fino alla fine del 2022. Il sesto decreto ministeriale poggia su un decreto-legge presentato dal governo Meloni sulla falsariga di quello di Draghi, convertito dal Parlamento per consentire al governo di inviare armi agli ucraini fino alla fine del 2023. In entrambi i casi la Camera e il Senato hanno approvato due risoluzioni per consentire l'invio di armi e mezzi.
Al momento non è possibile sapere quante e quali armi ha inviato l'Italia all'Ucraina. Le liste degli armamenti sono infatti segrete, o meglio sono considerate «documenti classificati» per ragioni di sicurezza. Il loro contenuto è stato comunque divulgato ai membri del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), che controlla l'operato dei servizi di intelligence italiani. Dunque non è possibile conoscere il valore delle armi e dei mezzi ceduti gratuitamente all'Ucraina. Il primo decreto-legge approvato dal governo Draghi per sostenere l'Ucraina – quello su cui si basano i primi cinque pacchetti di aiuti – autorizzava (art. 2) solo la spesa di 12 milioni di euro per «mezzi e materiali di equipaggiamento militari non letali». Come spiega un dossier del Senato, una parte di questa cifra faceva riferimento ai costi di trasporto degli aiuti militari in Ucraina.
Dall'inizio del conflitto alcuni esponenti del governo e fonti stampa hanno divulgato il valore degli aiuti militari inviati dall'Italia all'Ucraina. All'inizio di marzo 2022, per esempio, alcuni quotidiani sostenevano che il primo pacchetto di aiuti avesse un valore tra i 100 e i 150 milioni di euro. A gennaio 2023 il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato al Corriere della Sera che i primi cinque pacchetti di aiuti militari avevano un valore complessivo di circa un miliardo di euro. Come detto, senza una lista pubblica di che cosa è stato mandato all'Ucraina, non è possibile verificare se queste cifre sono corrette oppure no.
In ogni caso è vero che l'Italia non sta comprando armamenti nuovi da mandare all'Ucraina: si tratta di mezzi, munizioni, armi e strumenti già a disposizione delle forze armate italiane. Qui però si apre una prima questione legata ai costi di questa operazione: le armi e i mezzi che stiamo inviando all'Ucraina dobbiamo poi ricomprarli?

La questione delle scorte

Come spiega un dossier della Camera sul decreto-legge che ha prorogato l'invio di armi per tutto il 2023, non esiste una «corrispondenza diretta tra il materiale ceduto e l'esigenza di ripianamento delle scorte, la cui programmazione, così come l'acquisizione di nuovi equipaggiamenti, è indipendente dalle cessioni». Tradotto in parole semplici: in base alle leggi l'Italia non è obbligata a ricomprare le armi che sta regalando all'Ucraina. Questa, almeno, è la versione che è stata espressa dal governo Meloni a dicembre 2022, durante l'esame del decreto in Parlamento.
In realtà nelle settimane successive il ministro della Difesa Guido Crosetto è intervenuto sul tema dicendo esplicitamente che l'Italia dovrà comprare di nuovo le armi che ha regalato all'Ucraina. Il 25 gennaio 2023, durante un'audizione di fronte alle commissioni Difesa di Camera e Senato, Crosetto ha infatti dichiarato: «L'aiuto che abbiamo dato in questi mesi all'Ucraina è un aiuto che in qualche modo ci impone di ripristinare le scorte che servono per la difesa nazionale».
Dunque, a differenza di quello che lascia intendere Meloni, un costo per l'invio delle armi all'Ucraina sembra esserci, sebbene spostato nel futuro.

Il contributo dell'Ue

C'è poi una seconda questione che mostra come la presidente del Consiglio non la racconti tutta sui costi dell'invio delle armi all'Ucraina.
A marzo 2021 l'Unione europea ha istituito lo "Strumento europeo per la pace" (Epf, dall'inglese European peace facility). Questo è un fondo esterno al bilancio comunitario dell'Ue che ha l'obiettivo di finanziare una serie di azioni nel settore militare e della difesa. Come spiega un dossier del Parlamento, l'Ue ha finora stanziato 3,6 miliardi di euro per la fornitura all'Ucraina di attrezzatura militare attraverso sette pacchetti di aiuti. Tra le altre cose l'Epf ha l'obiettivo di rimborsare anche una parte del valore delle armi inviate dai Paesi Ue all'Ucraina.
Il fondo è finanziato dagli Stati membri in modo proporzionale alla quota del loro Reddito nazionale lordo (Rnl), che si ottiene
sommando o sottraendo al Prodotto interno lordo (Pil) i redditi guadagnati da o pagati a persone o aziende estere (anche i contributi alla Nato funzionano in un modo simile). L'Italia contribuisce al fondo Epf per circa il 12,8 per cento, quindi per circa 460 milioni di euro sui 3,6 miliardi stanziati finora per l'Ucraina".
In conclusione: sia per la necessità di ripristinare le scorte sia per il contributo da pagare all'EPF della UE, possiamo affermare, contrariamente a quanto dichiara la Meloni, che l'aiuto militare all'Ucraina ci costa in termini economici. Esiste poi un costo incommensurabile che è l'allontanamento dalla civiltà della pace a cui dovremmo invece avvicinarci.

Lo abbiamo scritto in una lettera indirizzata ai deputati e spedita in questi giorni per chiedere ad essi un dialogo online il 20 marzo, dalle ore 19:00 alle ore 20:00 (questo il link per collegarsi: https://us06web.zoom.us/j/83737497172?pwd=TENTODAva3c3M09QcHJsQVluclc5dz09):

"Prima di votare questa o quella mozione consideri con attenzione a non farsi complice di logiche di guerra che rischiano di condurre il Paese verso avventure senza ritorno e persino il baratro della catastrofe nucleare. Si faccia un esame di coscienza e consideri quanto certe scelte belliciste siano solo a favore dei pochi che si arricchiscono sulle spalle dei molti e sempre più poveri. Contribuisca a riportare l'Italia quale punto di riferimento di diplomazia come cultura della cooperazione e non del nemico; e della necessaria pace con la natura, indispensabile per la pace tra le società umane".

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