(ilfattoquotidiano.it) – Non sono bastate le ataviche divisioni a sinistra – e due cortei distinti – per sabotare la manifestazione contro il riarmo europeo. Non è bastata la diffidenza della società civile verso i partiti e nemmeno il caldo spietato, i 35 gradi del pomeriggio romano: è stata un successo, una bella prova di condivisione e collaborazione, nelle differenze reciproche.

Il solito siparietto dei numeri ha importanza relativa: gli organizzatori del corteo principale, da Porta San Paolo fino al Colosseo, parlano di 50 mila partecipanti, la questura risponde 15 mila; per chi ha esperienza di piazza sembrano almeno 20 mila persone. Un risultato tutt’altro che banale, anche perché dentro il serpentone, colorato di bandiere palestinesi e arcobaleno, camminano pezzi di sinistra che non si parlano spesso: oltre ai leader di Cinque Stelle e Avs (Conte, Bonelli e Fratoianni) e una sparuta delegazione del Pd (senza Elly Schlein), c’è la galassia del terzo settore progressista, il mondo operaio dietro lo striscione di GKN Firenze, i giovani e una parte delle reti sociali più radicali.

Lo spiega Lorenzo Diana, 40 anni, attivista dell’Atletico San Lorenzo, società sportiva popolare di Roma: “A differenza del 7 giugno (quando organizzarono Pd, M5S e Avs), qui ci sentiamo a nostro agio. I partiti ci sono, ma è una manifestazione aperta, non escludente: in alcuni spezzoni del corteo siamo pienamente a casa”. Lo ripete Nicola Pedretti, 38 anni, libero professionista arrivato da La Spezia: “È una piazza davvero fertile, raduna culture diverse che sono riuscite a trovare una sintesi su questa battaglia comune. È rappresentata la cultura della sinistra in tutte le sue declinazioni, anche quella cattolica”. Non a caso nel tardo pomeriggio arriva la benedizione del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede: “È bene che ci sia una mobilitazione generale per evitare la corsa al riarmo”.

Contro lo scempio di Gaza e l’orgia militarista europea, sfilano tutte le sigle della sinistra diffusa: Arci, Sbilanciamoci, Rete Italiana Pace e Disarmo, Fondazione Perugia Assisi, Greenpeace, il mondo sindacale da Cgil a Cobas. Alla fine i soggetti coinvolti, dicono gli organizzatori, sono oltre 400. C’è anche l’Anpi con le sue bandiere tricolori e il presidente, Gianfranco Pagliarulo: “È una piazza per l’unità contro la guerra, contro il riarmo, per Gaza – dice. – Non limitiamoci alla tragedia presente, pensiamo anche al futuro, a una conferenza di pace per l’Europa e per il Medio Oriente, che veda finalmente la nascita dello Stato di Palestina”. Tutto scorre tranquillo: gli unici problemi sono quelli subiti da alcuni pullman dell’Arci, a cui le forze dell’ordine hanno reso difficile l’arrivo a Roma, tra controlli zelanti e cambi di percorso. C’è chi è partito dalla sua città all’alba, come il veronese Daniele Sartori, pensionato dello Spi-Cgil. Sfila dietro lo striscione “Smilitarizziamo menti e territori” e lo rivendica: “Serve che i sindacati – tutti – facciano qualcosa di concreto sulla riconversione dal militare al civile. Basta parlarne, agiamo”.

Nell’altro corteo, animato da Potere al Popolo e dai collettivi, vengono bruciati fogli di carta con le bandiere di Israele, Nato, Unione Europea e Ucraina. Davvero poco, ma abbastanza per chi non vedeva l’ora di criticare le manifestazioni (e infatti c’è chi lo fa notare, da Gasparri a Calenda).

Quando la manifestazione principale arriva al Colosseo, i partecipanti si stendono su un sudario per rappresentare il massacro di Gaza. Simone Bartolini, 41 anni, sventola una bandiera palestinese. È un regista, ha girato film sulla tossicodipendenza, milita in Extinction Rebellion. “Ora di Palestina parlano un po’ tutti, ma sappiamo distinguere chi l’ha fatto perché ci crede e chi per convenienza. Oggi bisognava esserci. Quello di Israele non è più diritto di difendersi, è diritto di massacro, di genocidio”.