Rassegna stampa sui nuovi euromissili e sul riarmo nucleare (dall'agosto 2024)

23.08.2024

Benvenuti nella nuova era nucleare. Francesco Strazzari su Il MANIFESTO, 25 agosto 2024  

A volte ritornano. La de-escalation atomica nata con la fine della Guerra Fredda è oggi un ricordo. La postura aggressiva degli Usa, la Cina che espande le sue capacità... Un mondo più pericoloso, in cui gli arsenali crescono fra incertezze e paure facilmente cavalcabili

Qualcuno ricorda il Presidente Barack Obama a Praga, nel 2009, parlare di un mondo libero da armi atomiche? O ancora prima, nel 1983, il giovane Obama scrivere sul magazine della Columbia University un articolo intitolato Breaking The War Mentality, dove denunciava «la logica perversa» della Guerra Fredda, scagliandosi contro dottrine nucleari che, sosteneva, «fanno gli interessi del complesso militare-industriale»?

Oggi, mentre l'ex presidente abbraccia la vicepresidente candidata, Kamala Harris, il presidente uscente Biden, raccogliendo le raccomandazioni del Congresso, lascia in eredità l'espansione degli arsenali atomici. Mentre il candidato repubblicano Trump denuncia i democratici («ci hanno portato al grave pericolo di una Terza Guerra Mondiale»), annunciando uno scudo atomico e la pace dal giorno dopo la sua elezione.

Eccola allora, la nuova era nucleare di cui parla il Pentagono. Il pericolo non è "l'Atomica del Nemico", bensì le atomiche di una serie di nemici, Russia e Cina in testa. Per anni abbiamo assistito al graduale deteriorarsi, fino al collasso, dei meccanismi di controllo sugli armamenti. A questa situazione hanno concorso, nei primi anni 2000, la cecità dei neocon nel gestire il dialogo strategico con Mosca, così come le continue violazioni russe dei meccanismi di verifica. Chi in questi ultimi anni ha investito titoli nel settore difesa e aerospazio ha fatto ottimi affari.
L'ammodernamento degli arsenali pone problemi inediti per la deterrenza, anche perché nel frattempo anche gli altri sette stati dotati di armi nucleari sviluppano nuovi sistemi d'arma, e cambiano le regole del gioco.

In particolare, la Cina sta implementando un imponente piano di espansione del suo arsenale nucleare: il Pentagono osserva la costruzione di oltre 300 nuovi silos missilistici, e si attende che il numero di testate cinesi sarà triplicato nel prossimo decennio. Sin dal 1964 la pietra d'angolo della dottrina nucleare di Pechino è non ricorrere per prima all'arma atomica per prima, in nessuna circostanza; tuttavia, recenti omissioni di tale sottolineatura non sono passate inosservate a Washington.

A scompaginare le carte sono le cosiddette atomiche tattiche (low-yield): un ambito non regolamentato dai trattati, sul quale la Russia vanta numeri importanti. La revisione della postura nucleare voluta da Trump nel 2018 si prefiggeva l'obiettivo di espandere le opzioni nucleari flessibili, così da mantenere di una deterrenza credibile anche «contro le aggressioni regionali». Insomma, l'esecrata guerra nucleare può essere combattuta. Se l'arrivo di Obama alla Casa Bianca non ha invertito la rotta di George W. Bush, quello di Biden non ha messo fuori gioco l'eredità di Trump.

L'ordine nucleare internazionale è scosso dal momento in cui il regime russo, nel 2022, ha iniziato a parlare di «conseguenze senza precedenti per l'Occidente», minacciando la risposta atomica. Il recente accordo fra Mosca e Pyongyang, con massicce forniture di munizioni nordcoreane ai russi sul fronte ucraino ha sollevato sospetti circa la contropartita ricevuta da Kim Jong-un. Del resto, bersagliando le infrastrutture ucraine i russi hanno fatto sfoggio della propria potenza di fuoco: missili ipersonici e plananti che, se dotati di testata atomica, rendono ulteriormente difficile deterrenza e difesa. Il crescente livello di rivalità che caratterizza l'utilizzo dello spazio, con smanioso protagonismo di attori privati come Elon Musk (dichiaratosi «pronto a servire» in un governo Trump) e test su armi anti-satellite, solleva timori circa la militarizzazione fuori dall'atmosfera: parlare di satelliti significa toccare la deterrenza nucleare.

Mentre i sommergibili nucleari russi si dirigevano su Vladivostok per un'esercitazione nel Pacifico, il Financial Times rivelava file segreti che mostravano come già prima dell'invasione dell'Ucraina Mosca addestrasse la propria flotta sullo scenario di attacchi con missili nucleari su siti ubicati in Europa occidentale. Il copione non sorprende. Come già visto a Zaporzhzhia, nell'imminenza della visita a Kursk del direttore dell'Aiea, Raphael Grossi, il Cremlino accusa gli ucraini di aver preso di mira la centrale nucleare russa.    

Nella realtà, lo scenario inedito è quello che vede dal 6 agosto un esercito condurre un'offensiva sul territorio di una superpotenza nucleare, la quale si affanna a gestire strategicamente la comunicazione: Mosca è passata da moniti a non oltrepassare le linea rossa, alle minacce alla NATO, salvo poi liquidare il tutto come eventi privi di significato.

Più che il fronte russo-ucraino, è la conformazione dei possibili campi di battaglia del Pacifico, solcato da navi da combattimento e puntellato di basi aeree ubicate su piccole isole, che sembra meglio prestarsi a scenari di «guerra nucleare combattuta» con atomiche a basso potenziale. Qui un numero minore di detonazioni lontane dalle grandi città rischia di esser visto come avente maggior impatto militare, senza necessariamente tradursi in un'escalation nucleare generalizzata.

Se la Cina ingrandisce flotta e capacità nucleari, il Pakistan, suo partner atomico, non si fa mancare esibizioni della propria capacità, legata alla dottrina di first use e full-spectrum deterrence. L'India di Modi – che si è appena recato a Kiev per un viaggio senza precedenti – per ora non dà segno di metter mano alla propria dottrina nucleare, ancorata al principio minima credibilità, che nemmeno menziona la questione dell'impiego delle atomiche tattiche.

Intanto un ministro israeliano dichiara che Gaza va rasa al suolo con l'atomica, e l'élite del regime iraniano, ormai sulla soglia nucleare, sembrerebbe aver aperto il dibattito circa il superamento della fatwa dell'ayatollah Khamenei, che rivendica il diritto iraniano di operare nel nucleare limitandolo all'impiego civile.           

Gli Stati Uniti mantengono una postura nucleare aggressiva, incentrata sul first-use e poggiante sulla superiorità nucleare Nato, grazie anche alle basi in Europa. I rapporti transatlantici, però, diventano oggetto di dibattito nel momento in cui è necessario considerare la possibilità di un ritorno di Trump alla Casa Bianca: la copertura dell'ombrello nucleare non può essere data per scontata.

È necessario prendere atto di come la de-escalation atomica nata con la fine della Guerra Fredda sia oggi un ricordo. Siamo all'alba di una era atomica, ed è possibile che il fulcro si sposti dall'Europa alla regione indo-pacifica. Sviluppi tecnologici e moltiplicazione degli attori complicano la deterrenza, preannunciando un mondo più pericoloso, in cui gli arsenali si espandono fra incertezze e paure facilmente cavalcabili. Un mondo nel quale è quantomai necessario interrogarsi sulla realtà e sui suoi capovolgimenti strumentali.<

L'eredità di Biden: le armi nucleari Usa puntano su Pechino - Il MANIFESTO 22 agosto 2024 - Lorenzo Lamperti da Taipei

Corsa al riarmo. Il New York Times rivela il piano top secret di Washington: Mosca è solo uno «tsunami», la Cina è «il cambiamento climatico». La Casa bianca, preoccupata dagli accordi cinesi con Putin e Kim Jong-Un, giustifica così il riarmo di Xi        

È talmente riservato che non ne esistono nemmeno copie digitali. Circola solo in cartaceo, sulla scrivania di pochi eletti tra funzionari della sicurezza nazionale e comandanti del Pentagono. Eppure esiste, tanto che presto potrebbe essere notificato al Congresso, prima che Joe Biden lasci la Casa bianca. Il documento si chiama «Nuclear Employment Guidance» e della sua esistenza ne dà conto il New York Times. Si tratta di un piano strategico che sarebbe stato approvato dal presidente lo scorso marzo. Obiettivo? Riorientare per la prima volta la strategia di deterrenza nucleare americana per concentrarsi sulla rapida espansione dell'arsenale della Cina. Nelle scorse settimane, alcuni funzionari hanno fatto brevi riferimenti al piano, che mira anche a preparare gli Stati uniti a rispondere a una possibile sfida nucleare lanciata in modo coordinato da Cina, Russia e Corea del nord.
UNO SCENARIO che fino a qualche tempo fa era ritenuto pressoché impossibile, ma che ora Washington starebbe iniziando a prendere in considerazione, soprattutto dopo l'accordo di mutua difesa siglato a giugno da Vladimir Putin e Kim Jong-un a Pyongyang. L'ipotesi che la Corea del nord abbandoni la strada dello sviluppo nucleare appare più che mai lontana, tanto che il suo arsenale si starebbe già avvicinando a quelli di Pakistan e Israele. C'è anche chi teme un possibile nuovo test nucleare a cavallo delle elezioni americane. Per Kim sarebbe un modo per guadagnare una posizione più favorevole in vista di un eventuale negoziato, che qualcuno si immagina possa riaprirsi nel caso di un ritorno di Donald Trump. Ma al centro delle attenzioni di Washington c'è sempre la Cina, che nel gergo degli apparati di sicurezza statunitense viene identificata ormai come «cambiamento climatico», mentre la Russia viene derubricata a «tsunami». Secondo le stime del Bulletin of Atomic Scientists del 2024, Pechino disporrebbe attualmente di circa 500 testate nucleari. Siamo ben lontani dalle 3.700 testate e dagli 800 lanciatori degli Usa, ma il tasso di crescita cinese si è fatto molto rapido. Secondo immagini satellitari, negli ultimi anni sarebbero aumentati i silos destinati a conservare le armi, spesso nelle zone desertiche del vasto entroterra occidentale. Se la Cina dovesse mantenere questo ritmo, a Washington sono convinti che potrebbe avere già mille testate entro il 2030 e 1500 entro il 2035.
LA NOTIZIA della strategia nucleare segreta approvata da Biden arriva in un momento delicato dei rapporti bilaterali. A luglio, Pechino ha sospeso il dialogo con Washington sul controllo delle armi nucleari, come ritorsione per le ripetute vendite di armi americane a Taiwan. Le tensioni sono in aumento anche sul mar Cinese meridionale, in particolare sulle dispute territoriali con le Filippine, legate a Washington da un'alleanza militare. Ieri la portavoce del ministero degli esteri Mao Ning ha dichiarato che la Cina «è seriamente preoccupata» per le indiscrezioni del Nyt. «La teoria della minaccia nucleare cinese è solo una scusa per sottrarsi alle responsabilità del disarmo, espandere il proprio arsenale e cercare enormi vantaggi strategici», ha accusato Mao. Pechino persegue una «politica di non primo uso di armi nucleari», ma rivendica il diritto di accrescere la propria deterrenza per ridurre il gap con l'ampiezza dell'arsenale di Usa e Russia. Il rafforzamento delle proprie scorte non sembra fin qui essere stato toccato dai recenti scandali che hanno toccato le forze missilistiche dell'Esercito popolare di liberazione, la divisione che ha in carico la gestione dei missili, compresi quelli con testata nucleare. Negli scorsi mesi sono stati rimossi i vertici, contestualmente all'espulsione dell'ex ministro della difesa Li Shangfu. Mentre al terzo plenum del Partito comunista di luglio, contro tutte le previsioni, il suo successore Dong Jun non è entrato (come invece ci si aspettava) nella Commissione militare centrale presieduta da Xi Jinping. Una scelta che può avere vari livelli di lettura, ma che lascia intendere che il controllo del segretario generale e presidente sia uscito rafforzato.
IL NUOVO documento americano verrà con ogni probabilità usato dalla Cina per rafforzare la giustificazione dell'ampliamento del proprio arsenale. Da anni Pechino critica i vari accordi militari degli Usa in Asia-Pacifico, a partire dalla piattaforma Aukus che doterà l'Australia di sottomarini a propulsione nucleare.Passando per l'ampliamento del cosiddetto «ombrello nucleare» a protezione della Corea del sud e dai legami militari sempre più stretti fra Usa e Giappone. Sentirsi, o quantomeno descriversi, nel mirino darà presumibilmente linfa al potenziamento della sua strategia di deterrenza. Sperando che i due rivali si ricordino di accompagnarla a qualche rassicurazione. 

Euromissili sul suolo tedesco. La svolta armata di Scholz | il manifesto (cartaceo) 21 agosto 2024 

Sebastiano Canetta, BERLINO

All'inizio era solo una promessa più o meno azzardata a Washington, fatta da Olaf Scholz in perfetta autonomia senza consultare nessuno – alleati di coalizione compresi – a eccezione del suo inner-circle. Poi è diventata una scelta ufficiosa del governo, seppure ribadita soltanto nel recinto protetto delle interviste sui media o negli incontri ufficiali alla cancelleria federale.
Ora è l'«inevitabile e tormentata» decisione che la Germania sarà costretta controvoglia ad assumere nel nome della sicurezza Nato mai così minacciata da Putin, da far ingoiare ai dirigenti della Spd ben prima della campagna elettorale per il voto nazionale del 2025, in cui Scholz sarà nuovamente lo "Spitzenkandidat" socialdemocratico.

PER LA PRIMA VOLTA il cancelliere difende il ritorno degli euromissili sul suolo tedesco fra le mura del suo partito. Invitato a visitare la la sezione Spd di Dresda, ieri (19 agosto 2024 - ndr) Scholz ha scandito l'assoluta necessità di installare i "Tomahawk" nucleari Usa per salvaguardare la pace. «Abbiamo bisogno di un deterrente affinché la guerra non scoppi mai. Tutti devono sapere che il prezzo di un attacco alla Germania sarebbe altissimo e in questo momento incombe la minaccia missilistica della Russia. Dobbiamo fare di tutto per proteggere la popolazione» sottolinea il leader Spd.
Prima di dribblare la madre di tutte le domande preceduta dalla inevitabile premessa. 

Secondo l'ultimo sondaggio Civey un tedesco su due è convinto che gli euromissili porteranno all'escalation del conflitto con Mosca. 

Critici soprattutto i cittadini della Germania dell'Est che fra 10 giorni vanno alle urne. «Che ne pensa il cancelliere?» incalzano i cronisti. Scholz glissa, nonostante sia a Dresda, capitale della Sassonia, Land della ex Ddr dove fino al 1989 l'unico nemico atomico erano i "Pershing" di Reagan puntati sulle città del Patto di Varsavia, e sebbene a vincere le elezioni locali (così indicano i sondaggi) il 1 settembre saranno precisamente le due forze politiche più contrarie al riarmo nucleare: i fascio populisti di Afd e i nazionalisti di sinistra dell'Alleanza Sahra Wagenknecht.

«PER DECENNI LA GERMANIA ha perso la sua capacità di difesa dagli attacchi aerei» tiene a precisare Scholz ai compagni di partito senza addentrarsi troppo in quel lasso di tempo che coincide con con il periodo in cui lui spiccava fra gli accesi sostenitori del disarmo. All'epoca «l'unica via per ottenere la pace».

Adesso invece l'architrave del leader Spd è «il rafforzamento della Nato continuando a dedicare il 2% del nostro Pil alla difesa. Uno sforzo enorme ma non smetteremo» precisa il cancelliere con l'appello apolitico al riarmo. «Quando si tratta di guerra e pace non si devono piantare bandiere».

Quella della Spd sventola in gran parte al suo fianco, anche se ci sono non poche voci critiche. Come il capogruppo al Bundestag Rolf Mützenich per cui « così si rischia l'escalation nucleare» e il deputato Ralf Stegner che si è espresso contro ulteriori armamenti. Mentre l'ala sinistra del partito continua a lavorare per disinnescare il conflitto sempre più fuori controllo: la parlamentare Nina Scheer non smette di lanciare l'allarme per gli attacchi contro le centrali nucleari già in grado di provocare la catastrofe nucleare prima degli euromissili.

IL "TOMAHAWK" CANDIDATO allo schieramento in Germania teoricamente può essere utilizzato anche con cariche convenzionali: è esattamente il cavillo su cui poggia la linea di Scholz che permetterebbe l'installazione dei sistemi di lancio Usa come ordinari armamenti. Ma il missile è solo il vettore e nel corredo di testate del "Tomahawk" sono comprese le bombe nucleari modello W-80 con range di potenza da 5 a 150 kiloton.

«Le armi previste saranno dotate di testate ordinarie e stazionate nelle basi Usa nella Germania occidentale. L'armamento nucleare del sistema non è previsto», taglia corto la nota ufficiale del Comitato esecutivo della Spd. Non senza prima aver assicurato come «nelle prossime settimane il partito creerà spazi per il dialogo con gli iscritti e i cittadini. Infine il Bundestag si occuperà in modo approfondito della questione». Dopo la pausa estiva.


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