Petrov day 2024

25.09.2024

Aggiornamento - 20 novembre 2024 - su una "non notizia". Seguito da indice della pagina, ricca di contributi in essa riportati. Non può mancare il riferimento a ciò che la vicenda Petrov trasmette: il rischio di guerra nucleare per errore. Si aggiunge in questo novembre  anche l'adesione alla richiesta di partecipazione dell'Italia alla Conferenza ONU per la creazione in Medio Oriente per una zona libera dalle armi nucleari.

LA NUOVA DOTTRINA NUCLEARE RUSSA: UNA "NON NOTIZIA" CHE PREOCCUPA LO STESSO 

Di Alfonso Navarra (20 novembre 2024)

Questa della nuova dottrina nucleare russa potremmo considerarla per molti aspetti una non notizia perché era pronta da tempo e l'annuncio era già stato dato a settembre. La firma di Putin e la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale è arrivata proprio nel millesimo giorno del conflitto in Ucraina e subito dopo il lancio dei primi missili ATAMCS di fabbricazione statunitense contro la regione russa che ha registrato la mini-invasione dell'esercito ucraino. 

(Sulla agenzia di stampa russa TASS si trovano conferme della notizia. Ad esempio vi possiamo leggere l'ultimo commento del direttore del servizio di intelligence estero russo Sergey Naryshkin. Il  capo del SVR sottolinea che "il principio fondamentale del documento è che le armi nucleari sono l'ultima risorsa per garantire la protezione della sovranità del paese".  Si vada al link: https://tass.com/politics/1875081).

Questa firma, sbandierata con grande clamore, potrebbe e deve essere vista come una risposta diretta agli sviluppi recenti nel conflitto che la NATO, per interposto Zelensky, combatte contro la Russia, in particolare l'uso di armi a lunga gittata da parte dell'Ucraina con il sostegno degli Stati Uniti.

La nuova dottrina, ce lo sottolineano tutti i media main-stream, abbassa significativamente la soglia delle condizioni che consentirebbero a Putin di ricorrere all'arsenale nucleare, ampliando le circostanze in cui le armi nucleari potrebbero essere utilizzate. Ma tutto sommato non di molto, come vedremo in dettaglio più avanti. La novità, insomma, non è tanto nuova, è una novità molto relativa.

Questo cambiamento è stato annunciato ora, in una logica geopolitica e strategica, per inviare un messaggio chiaro ai potenziali avversari e per rafforzare la deterrenza nucleare della Russia in un momento di alta tensione internazionale.

La nuova dottrina nucleare russa, in barba come le vecchie al no first use dell'arma "atomica", permette l'uso delle armi nucleari non solo in risposta a un attacco nucleare, ma anche a minacce convenzionali che compromettano gravemente la sovranità o l'integrità territoriale della Russia. Inoltre, ed è questo il punto più attenzionato, "qualsiasi attacco convenzionale da parte di un Paese non nucleare, sostenuto da una potenza nucleare, sarà considerato una minaccia diretta".

Su Repubblica del 20 marzo Rosalba Castelletti riassume così il testo nell'articolo dal titolo: "Possiamo colpire Kiev e i suoi alleati".

Nella sua ricostruzione, il testo ribadisce che il ricorso alle armi nucleari è previsto come gesto estremo e ultima risorsa, ma si abbassa la soglia di impiego: "Non più la minaccia all'esistenza stessa dello Stato, prevista nel precedente documento del 2020, ma un attacco con armi convenzionali, come droni e missili, che costituisca una minaccia critica alla sovranità e integrità territoriale della Russia e dell'alleata Bielorussia. D'ora in poi, inoltre, l'aggressione di qualsiasi Stato non dotato di atomiche, come l'Ucraina, ma con la partecipazione e il sostegno di una potenza nucleare, come gli Stati Uniti, potrà essere considerata come un'aggressione congiunta e qualsiasi attacco da parte di uno Stato membro di una coalizione militare potrà essere visto come un attacco da parte dell'intero blocco."

Questo ampliamento delle condizioni per l'uso delle armi nucleari è, come abbiamo accennato, una risposta diretta agli sviluppi recenti nel conflitto in Ucraina, dove l'uso di missili ATACMS da parte delle forze ucraine ha rappresentato una nuova modalità di attacco all'esercito russo sul territorio della Russia. Quindi abbiamo precisamente l'attacco convenzionale sul territorio russo da parte di un Paese non nucleare (l'Ucraina), sostenuto da un Paese non nucleare (gli USA), che è da considerare una minaccia diretta. Che chiama in causa l'intero blocco militare di cui fa parte.

Specifica la Castelletti: "Il riferimento alla NATO è chiaro. E la risposta potrà essere diretta anche contro Stati e territori che mettano a disposizione il territorio, lo spazio aereo o marino, e le risorse sotto il loro controllo per la preparazione e l'attuazione delle aggressioni".

Sempre su Repubblica del 20 novembre, il retroscena di Paolo Mastrolilli nell'articolo intitolato: "Lo zar è un irresponsabile. Biden non cambia linea in attesa di lasciare l'incarico", ricorda che la decisione di Biden sugli ATAMCS è stata motivata dalla necessità di rispondere allo schieramento dei militari nordcoreani nella guerra ucraina, anche essa una mossa escalatoria.

Repubblica ha interrogato la Casa Bianca ottenendone da un portavoce la risposta che, dopo la pubblicazione della nuova dottrina nucleare russa, "non avendo osservato alcun cambiamento nella postura nucleare della Russia, non abbiamo visto alcun motivo per modificare la nostra postura o dottrina nucleare".

Entra in gioco, dentro questo schema della posizione russa, quella che si chiama deterrenza preventiva. La Russia potrebbe utilizzare test o dimostrazioni di forza nucleare come strumento preventivo per scoraggiare ulteriori azioni aggressive da parte di altri stati. Questo è particolarmente rilevante in un contesto di crescente tensione con la NATO e gli Stati Uniti.

Si persegue, con questa scelta, all'interno della logica della potenza, un rafforzamento della sicurezza strategica. La Russia percepisce le azioni militari e le tecnologie avanzate dei suoi avversari come minacce dirette alla sua sicurezza e risponde di conseguenza, nel momento in cui le tensioni internazionali vanno crescendo.

La decisione degli Stati Uniti di autorizzare l'uso di missili ATACMS da parte dell'Ucraina ha spinto il Cremlino a ridefinire la propria strategia difensiva. Putin in persona lo ha precisato chiaro e tondo: la Russia considera queste azioni come provocazioni che giustificherebbero, teoricamente, persino una risposta nucleare.

Però è da calcolare, per la retorica adottata, il particolare periodo dell'interregno tra Biden e Trump. La citata Castelletti fa parlare la politologa Tatiana Stanojava, a capo del think thank R.Politik: "Putin potrebbe cercare di presentare all'Occidente due scelte nette: "Volete una guerra nucleare? L'avrete, oppure "Mettiamo fine a questa guerra alle mie condizioni".

A questo punto, dal nostro punto di vista di uomini comuni, e non di addetti ai lavori strategici, la domanda che ci facciamo e che conta è una sola: davvero la Russia userebbe bombe atomiche, sia pur tattiche, in Ucraina? A leggere i Soloni geopolitici intervistati sulla stampa le minacce di Putin andrebbero trattate come un semplice bluff. È quanto sentiamo da parte dei governanti ucraini, che strillano contro il paventato disimpegno dell'Occidente. E, con loro, da molti politici europei, dalla Polonia, al Baltico alla Gran Bretagna. La Polonia ha cominciato a costruire bunker antiatomici e ad offrire agli USA la disponibilità a ospitare armamenti nucleari. La Svezia, pragmaticamente (si fa per dire), ha distribuito a cinque milioni di famiglie opuscoli con le istruzioni in caso di attacco atomico.

Il Manifesto, nella prima pagina di oggi, 20 novembre, propone un editoriale di Tommaso di Francesco dal titolo "Minaccia atomica. Non è un bluff. La ritorsione ora è possibile", e un richiamo all'Europa che spinge sugli armamenti. "A Varsavia 5 Paesi UE (Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna) e il Regno Unito si sono pronunciati per la prima volta a favore di obbligazioni europee per finanziare l'industria militare. E a Bruxelles il segretario NATO Mark Rutte rilancia l'esigenza di spendere in armi ben oltre il 2 per cento del prodotto interno lordo".

Anche da parte pacifista però si fanno spesso spallucce, si propende per il bluff, appoggiandosi sulla considerazione che l'uso della tattica non servirebbe a Putin dal momento che starebbe vincendo la guerra sul campo.


Però qui non si parla di un videogioco. Le percentuali da attribuire al bluff per Putin mettiamo che siano al 99%. Ma dell'1% che resta in ballo che ne facciamo? La domanda non prevede risposte certe ma solo dubbi che provocano brividi nella schiena. Dubbi che è bene la gente si ponga proprio quando una ricerca Gallup certifica che, per la prima volta dal 2022, la maggioranza degli ucraini (52%) chiede l'avvio di un negoziato di pace. Ora, se il leader russo, con le sue intimidazioni, specula su questa situazione di stanchezza e paura dell'opinione pubblica (a nostro parere pienamente giustificate), questa nostra consapevolezza non cancella le incognite e i pericoli che un proseguimento della guerra potrebbe comportare.

La parola "escalation" è quella che emerge continuamente e incontenibilmente, ovvero: quella cosa che tutti gli attori del conflitto dicono di voler evitare anche se, per tutti questi mille giorni, le cosiddette linee rosse si sono spostate sempre più avanti. Il ragionamento riguarda gli aiuti militari all'Ucraina (consistenti ma pieni di condizioni e restrizioni) ed ha anche un legame con una certa frustrazione per i risultati sul campo e l'esito poco significativo delle sanzioni anti-russe. Il Cremlino, al contrario, di limiti, a quanto ci dicono, se n'è dati un po' meno e ha cominciato assai presto a sbandierare lo spettro dell'arma nucleare fino, appunto, a cambiarne platealmente la dottrina d'impiego.

Escalation: botte e risposte reciproche in crescendo che si sa quando cominciano ma non si sa come possono andare a finire. Soprattutto se il monitoraggio dei dati e della situazione sul campo può essere soggetto ad errori di rilevamento e di interpretazione. Questi errori, in sintesi, possono derivare da vari fattori, che qui elenchiamo schematicamente:

  • I sistemi di rilevamento utilizzano tecnologie avanzate come radar, satelliti e sensori sottomarini. Tuttavia, questi strumenti possono essere influenzati da condizioni atmosferiche, interferenze elettroniche o malfunzionamenti tecnici, portando a falsi allarmi o mancati rilevamenti.
  • Anche quando i dati vengono raccolti correttamente, l'interpretazione può essere complessa. Gli analisti devono distinguere tra attività normali e potenziali minacce, il che può essere difficile in situazioni di alta tensione. Errori di interpretazione possono portare a decisioni sbagliate, come l'innesco di una risposta nucleare non necessaria.
  • La comunicazione tra diverse agenzie e paesi è cruciale per il monitoraggio efficace. Errori di comunicazione o mancanza di coordinamento possono causare ritardi nella risposta o interpretazioni errate delle intenzioni dell'avversario.
  • Gli esseri umani sono soggetti a errori, specialmente sotto stress. Decisioni prese in situazioni di emergenza possono essere influenzate da bias cognitivi, stress o mancanza di informazioni complete. Il fattore umano ha però operato in modo positivo nel caso del colonnello sovietico Stanislav Petrov, che nel 1983 salvò il mondo da una possibile guerra nucleare e che per questo viene celebrato il 26 settembre con la giornata ONU contro le armi nucleari.

La stampa, anche quella pacifista, tende però a rassicurare e a minimizzare un po' troppo. Parla più di fumo che di arresto, più di strategia comunicativa che di nuove minacce reali. Un esempio di questo atteggiamento ce lo dà il Fatto Quotidiano, con la intervista, pubblicata oggi, 20 novembre 2024, di Gianni Rosini a Mariana Budjeryn, ricercatrice senior del Project on Managing the Atom (MTA) al Belfer Center della Harvard Kennedy School.

Il titolo del pezzo è, appunto: "Putin modifica la dottrina nucleare russa, l'esperta: "C'è tanta strategia comunicativa, i cambiamenti sono minimi e interpretabili".

Domanda del giornalista: "Che cosa cambia veramente nella dottrina nucleare russa dopo questa dichiarazione?"

Ecco la risposta, per alcuni aspetti eccessivamente rassicurante:

"(Rispetto alla precedente formula dottrinaria) si aumenta il numero dei casi in cui si può ricorrere al nucleare. (…) La Russia ha aggiunto una nuova possibilità di utilizzo dell'arma nucleare rispetto al passato. Nella precedente versione le circostanze erano quattro, adesso ne hanno aggiunta un'altra. E si tratta dell'ottenimento di informazioni credibili su un attacco di massa o massicci raid aerei, includendo aviazione strategica e tattica, missili da crociera, veicoli aerei senza pilota, quindi droni, aerei ipersonici e altri tipi di aerei. Ma questo è qualcosa che Putin ci aveva anticipato già a settembre. Magari, vista la situazione attuale, la domanda che dobbiamo porci è quali debbano essere considerati confini russi".

E ancora: "Fondamentalmente dà a Putin, quindi alla leadership politica militare russa, un ampio spazio di interpretazione su quando può ricorrere all'autorizzazione sull'uso nucleare. Quindi cercare di essere molto legati al significato stretto delle parole probabilmente non è nemmeno utile perché sappiamo che i russi potrebbero interpretarle nel modo che gli conviene, se decidono di agire. Quindi c'è uno spazio di manovra e di interpretazione più ampio per la leadership russa. Un altro punto è che una dottrina nucleare non è un algoritmo per l'uso del nucleare. Non sarebbe giusto dire che è un documento di propaganda, ma una comunicazione agli avversari e al pubblico interno. Non è che Putin resterà seduto con questa dottrina spuntando caselle relative alle singole condizioni soddisfatte o meno. Non significa che, anche se tutte queste condizioni vengano soddisfatte, si arrivi a una risposta automatica".

Il Giornalista: Dovremmo considerarla una sorta di linee guida?

Risposta: "Sì, si tratta di linee guida, ma senza un vero automatismo per autorizzare una risposta nucleare nonostante alcune di queste condizioni possano essere soddisfatte. Ripensiamo all'ottobre 2022, quando il rischio dell'uso nucleare della Russia in Ucraina era piuttosto alto: sappiamo che la l'intelligence statunitense ha stimato quel rischio in quel momento al 50%. Putin le avrebbe usate in una situazione sfavorevole per la Russia, per fermare l'avanzata ucraina a Kharkiv e nella regione di Kherson durante la controffensiva. Ma questo non avrebbe rispettato alcuna delle condizioni di cui abbiamo parlato e il fatto che non le abbiano usate ci dimostra che i russi tengono queste condizioni ancora in considerazione. Penso che la Russia stia davvero cercando di comunicare con l'Occidente e di bloccare certe decisioni più di ogni altra cosa".

Per l'esperta lo scenario plausibile di impiego da parte russa dell'arma atomica tattica è solo il seguente:

"Se la Russia si ritirasse proprio come nell'ottobre del 2022, con le truppe russe sbaragliate, per fermare questi progressi Mosca potrebbe usare un'arma nucleare. Questo è uno scenario plausibile. Ma proprio le difficoltà di ottobre e novembre 2022 ci mostrano anche quali siano alcuni dei fattori che potrebbero impedire alla Russia di farlo. Ha considerato l'uso del nucleare e poi ha deciso di non farlo, perché? Quello che sappiamo è che si è trattato di una combinazione di cose. Una di queste è stata una comunicazione molto chiara da parte degli Stati Uniti, con il direttore della Cia Bill Burns che si è recato a Istanbul e ha parlato con la sua controparte, Naryshkin, dicendo sostanzialmente che ci sarebbe stata una risposta convenzionale Usa-Nato contro obiettivi militari russi sul territorio ucraino, inclusa la Crimea, se la Russia avesse fatto uso del nucleare in Ucraina. Quella era una minaccia deterrente. In aggiunta a ciò, la Cina è intervenuta e ha comunicato in privato, ma anche pubblicamente, che non sosterrebbe l'uso dell'arma nucleare da parte della Russia. Anche il primo ministro indiano Modi ha rivolto lo stesso appello alla Russia. Inoltre, ci sono anche degli svantaggi piuttosto significativi nell'usare un'arma nucleare tattica direttamente sul campo di battaglia perché inquina e complica la situazione delle truppe sul terreno. Condurre operazioni militari in un teatro colpito dall'uso nucleare è molto difficile, nessun esercito è addestrato per questo. Quindi la combinazione di questi fattori ha funzionato per impedire alla Russia di usare un'arma nucleare durante un ritiro".

L'errore di rilevamento e di valutazione in un contesto di escalation: ecco ciò che si tende colpevolmente a sottovalutare, anche da parte pacifista. E per capire che chi propone l'argomento non fa dell'allarmismo da quattro soldi più che dei ragionamenti astratti è utile proporre la conoscenza di fatti che sono effettivamente accaduti e che sono lì ad ammonirci sui pericoli che realmente corriamo.

Il 26 settembre è la giornata ONU contro le armi nucleari. Oggi, rispetto al periodo della guerra fredda, in cui avvenne l'episodio in cui il colonnello sovietico Stanislav Petrov rimediò a un falso allarme nucleare contro la capitale Mosca, evitando una guerra nucleare per errore, questo rischio tende ad aggravarsi sia per il caos geopolitico (si pensi alle guerre sul territorio ucraino e in Medio Oriente), sia per i progressi tecnologici male indirizzati (miniaturizzazione delle armi, velocità ipersonica, intelligenza artificiale). Quella notte trovammo "un uomo giusto, al posto giusto, al momento giusto".

Stanislav Petrov riuscì a capire che le tracce di missili americani in avvicinamento apparse sui computer del centro di avvistamento vicino Mosca, che comandava, erano in realtà un falso allarme da parte dei satelliti di rilevamento (onde elettromagnetiche del sole riflesse dalle nuvole, abbiamo saputo poi); non avvisò allora i superiori evitando che si innescasse il meccanismo della risposta nucleare.

Consigliamo a tutti la visione del film di Peter Anthony, The man who saved the world, sulla vicenda del colonnello sovietico e sulla crisi del 26 settembre 1983, su You tube alla URL: https://www.youtube.com/watch?v=8TNdihbV5go.

Citiamo la petizione (https://www.petizioni24.com/ricordiamo_petrov_no_rischio_nucleare )

con la quale abbiamo proposto e proponiamo alle attiviste e agli attivisti pacifisti italiani di darsi da fare perché siano intitolate vie o piazze all'obiettore russo (obiettore dell'intelligenza!) per sensibilizzare sul crescente rischio nucleare.

Un terreno di opposizione disarmista che si è aperto, con possibili implicazioni antinucleari, riguarda la decisione di installare in Germania nel 2026 missili a raggio intermedio (da 500 a 5.500 km), che è anche frutto della disdetta del Trattato INF (Forze nucleari intermedie), dichiarata, nel 2019, dall'allora presidente USA Donald Trump.

A Berlino, il 3 ottobre 2024, si è svolta una grande mobilitazione nazionale del movimento pacifista tedesco. Su questo punto dei cosiddetti EUROMISSILI l'esperienza "storica" del Cruisewatching a Comiso (oggi sede della Pagoda per la Pace) e in Europa, sviluppatasi dal 1984 al 1987, dà l'indicazione di non mollare mai, fino al possibile, riconosciuto, successo (allora costituito dalla firma del Trattato da parte di Gorbaciov e Reagan).

Ma il filone principale dell'impegno antinucleare riguarda la campagna ICAN (Campagna Internazionale per l'Abolizione delle Armi Nucleari), premio Nobel per la pace 2017.

Sul sito ufficiale icanw.org della campagna è riportata la notizia che 73 Stati hanno già ratificato il Trattato di proibizione delle armi nucleari.

In Italia le forze aderenti ad ICAN lavorano per coinvolgere gli Enti Locali nell'ICAN PLEGDE (100 città, tra le quali la capitale Roma, grazie in particolare a WILPF Italia), cui attualmente aderiscono circa 30 parlamentari, nella modalità per essi predisposta.

A New York si terrà nel marzo 2025 la terza riunione degli Stati parte del Trattato e i Disarmisti esigenti hanno da presentare per l'occasione un working paper che intende mettere in relazione la Campagna ICAN con la Campagna No First Use.

Il working paper propone che, per l'obiettivo del disarmo nucleare effettivo, tutti i 9 paesi che possiedono armi nucleari (insieme ai loro alleati) dovrebbero sedersi allo stesso tavolo delle trattative, con l'ONU nel ruolo di mediatrice riconosciuta, avendo compreso che il possesso di armi nucleari costituisce un rischio inaccettabile, in primo luogo per loro stessi.

Il pericolo concreto di una possibile "guerra nucleare per errore" andrebbe messo in cima alle ragionevoli preoccupazioni di chiunque abbia a cuore la sopravvivenza della specie umana sulla Terra. Se da un lato spetterebbe a questi Stati dotati di armi nucleari prendere questa iniziativa, spetta anche a noi, società civile, aiutarli a raggiungere tale consapevolezza anche mediante una "esigente" pressione dal basso. Di conseguenza dovremmo concentrarci principalmente sui fattori di rischio per convincere gli Stati dotati di armi nucleari a decidere un disarmo nucleare globale. Quindi, l'adesione universale al TPNW, il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, non dovrebbe più incontrare ostacoli. Come contributo a questo approccio, proponiamo di lavorare per armonizzare e integrare la Campagna ICAN con la Campagna No First Use (NFU) perché riteniamo importante schiudere ammorbidimenti e contraddizioni nel fronte nuclearista, già non del tutto monolitico. Sarebbe apprezzabile che l'adozione ufficiale di dottrine sulla deterrenza che escludano un primo colpo nucleare in qualsiasi circostanza sia accompagnato da misure, sotto controllo IAEA, che rendano più difficile la guerra nucleare per errore, come la deallertizzazione delle testate e la separazione delle stesse dai vettori. Il TPNW già, all'articolo 4, prevede un periodo di conversione e una certa flessibilità nelle forme di adesione da parte degli Stati dotati di armi nucleari e degli Stati che ospitano armi nucleari controllate da un altro Stato. Entro la prossima conferenza di revisione, fissata nel 2027, possiamo stabilire una categoria riconosciuta formalmente di Stati "collaboratori", "fiancheggiatori" (o altro termine similare) del Trattato. Sarebbero Stati non aderenti a pieno titolo ma orientati positivamente verso il percorso della proibizione giuridica, valutato quale strumento utile e opportuno, compatibile con le istanze di sicurezza globale, per giungere a un mondo senza armi nucleari.   


Per un Medio Oriente libero da armi nucleari

Al Sig. Ministro degli Affari Esteri  on. Antonio Tajani----------------------------------

Sig. Ministro, tra il 18 ed il 22 novembre p.v. si svolgerà all'ONU la quinta sessione della Conferenza per l'istituzione della Zona Libera da Armi Nucleari ed altre Armi di Distruzione di Massa del Medio Oriente (Conference on the Establishment of a Middle East Zone Free of Nuclear Weapons and Other Weapons of Mass Destruction). Alla luce dei gravissimi avvenimenti accaduti in Medio Oriente a partire dal 7 ottobre 2023 ed alla crescente e grave destabilizzazione di tutta l'area, con il possibile uso di armi nucleari o altre armi di distruzione di massa, come organizzazioni italiane della società civile, Le chiediamo di assicurare la fattiva partecipazione dell'Italia ai lavori della Conferenza, e possibilmente di promuovere una positiva partecipazione alla stessa da parte degli altri Stati Europei. Accolga la nostra urgenza e preoccupazione. Grati per l'attenzione   Disarmisti Esigenti...


Il 26 settembre è la giornata ONU contro le armi nucleari. Dalle ore sedici alle ore diciotto in LOC (lega obiettori di coscienza), via Mario Pichi, 1 - Milano, i Disarmisti esigenti, membri ICAN, hanno proposto filmati sulla vicenda del colonnello sovietico Stanislav Petrov, che il 26 settembre 1983 salvò il mondo da una guerra nucleare per errore. La ricorrenza trae origine da quel drammatico episodio.


Per contatti e info: Alfonso Navarra cell. 340-0736871. LOC telefono fisso: 02-58101226


https://www.disarmistiesigenti.org/2024/09/25/petrovday2024/ ‎

Il 26 settembre è la giornata ONU contro le armi nucleari. Dalle ore sedici alle ore diciotto in LOC (lega obiettori di coscienza), via Mario Pichi, 1 - Milano, i Disarmisti esigenti, membri ICAN, hanno proposto filmati sulla vicenda del colonnello sovietico Stanislav Petrov, che il 26 settembre 1983 salvò il mondo da una guerra nucleare per errore.


Per contatti e info: Alfonso Navarra cell. 340-0736871. LOC telefono fisso: 02-58101226

1 - comunicato sulla iniziativa del 26 settembre "PETROV DAY" alla LOC di via Pichi - Milano

2 - commento di Alfonso Navarra sulla corsa al riarmo nucleare che va fermata, come propone la rete ICAN, anche tagliando e boicottando i finanziamenti per la "deterrenza"

3- articolo di Luigi Mosca, comparso anche su PRESSENZA, sul passaggio dalla proibizione alla eliminazione effettiva delle armi nucleari

4 - articolo di Mario Agostinelli sulla giornata per l'eliminazione delle armi nucleari

5 - rinvio alla discussione online sulla lista per la pace in Germania di domenica 29 settembre. Dalle ore 18:00 alle ore 20:00 su zoom:

https://us06web.zoom.us/j/84801232820?pwd=NCPtMb8OYFQluz3zviEsxkjGDb0TbU.1

Nota bene: il film di Peter Anthony "The man who saved the world" è visionabile su You tube alla URL: https://www.youtube.com/watch?v=8TNdihbV5go .

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1 - comunicato sulla iniziativa del 26 settembre "PETROV DAY" alla LOC di via Pichi - Milano

Nel conflitto per interposta Ucraina tra la NATO e la Russia, sta crescendo il rischio di un confronto armato aperto e ufficializzato tra grandi potenze nucleari. Le rinnovate, spesso esplicite, minacce di Putin di impiegare testate "tattiche" se, da una parte, mostrano che, nel quadro del diritto internazionale, non ci stiamo dirigendo verso la fine del conflitto, dall'altra aumentano il rischio di errori di calcolo. (Anche se molti analisti confidano in un relativo stallo sulle linee del fronte e in una svolta rappresentata da un nuovo presidente degli USA, che sarà eletto il prossimo novembre).

Oggi, rispetto al periodo della guerra fredda, in cui avvenne l'episodio in cui il colonnello sovietico Stanislav Petrov rimediò a un falso allarme nucleare contro la capitale Mosca, evitando una guerra nucleare per errore, questo rischio tende ad aggravarsi sia per il caos geopolitico (si pensi alle guerre sul territorio ucraino e in Medio Oriente), sia per i progressi tecnologici male indirizzati (miniaturizzazione delle armi, velocità ipersonica, intelligenza artificiale).

Il 26 settembre, come giornata ONU per l'eliminazione delle armi nucleari, ricorda quel drammatico episodio.

Lungi dall'aver appreso le lezioni della storia, le spese in armamenti nucleari vanno crescendo ed i 9 Stati dotati hanno superato nel 2023 la cifra di 90 miliardi di dollari per i loro arsenali.

Citiamo il documento (https://www.petizioni24.com/ricordiamo_petrov_no_rischio_nucleare ) con la quale abbiamo proposto e proponiamo alle attiviste e agli attivisti pacifisti italiani di darsi da fare perché siano intitolate vie o piazze all'obiettore russo (obiettore dell'intelligenza!) per sensibilizzare sul crescente rischio nucleare.

La campagna ICAN (Campagna Internazionale per l'Abolizione delle Armi Nucleari), premio Nobel per la pace 2017, ha appena organizzato, dal 16 al 22 settembre, una settimana di azione globale per dire basta alla spesa nucleare.

Sul sito ufficiale dell'organizzazione (ICAN - Campagna Internazionale per l'Abolizione delle Armi Nucleari (icanw.org) ) abbiamo la notizia che 73 Stati hanno già ratificato il Trattato di proibizione delle armi nucleari.

In Italia le forze aderenti ad ICAN lavorano per coinvolgere gli Enti Locali nell'ICAN PLEGDE (100 città, tra le quali la capitale Roma, grazie in particolare a WILPF Italia), cui attualmente aderiscono circa 30 parlamentari, nella modalità per essi predisposta.

Un altro terreno di opposizione disarmista che si è aperto, con possibili implicazioni antinucleari, riguarda la decisione di installare in Germania nel 2026 missili a raggio intermedio (da 500 a 5.500 km), che è anche frutto della disdetta del Trattato INF (Forze nucleari intermedie), dichiarata, nel 2019, dall'allora presidente USA Donald Trump.

A Berlino, il 3 ottobre 2024, è prevista una grande mobilitazione nazionale del movimento pacifista tedesco. Su questo punto dei cosiddetti EUROMISSILI l'esperienza "storica" del Cruisewatching a Comiso (oggi sede della Pagoda per la Pace) e in Europa, sviluppatasi dal 1984 al 1987, dà l'indicazione di non mollare mai, fino al possibile, riconosciuto, successo (allora costituito dalla firma del Trattato da parte di Gorbaciov e Reagan).

l Disarmisti esigenti, in conclusione, ritengono che la corsa verso il precipizio va arrestata nella consapevolezza che la deterrenza nucleare, in tutti i suoi aspetti, costituisce, al di là delle illusioni immediate, la "massima garanzia di insicurezza": una mobilitazione globale dal basso è quindi invocata come indispensabile. È necessario che i cittadini "facciano chiasso" e premano sui governi e le organizzazioni internazionali per esigere un dialogo immediato tra le parti coinvolte e nuovi tavoli per il disarmo nucleare. La sicurezza collettiva non può essere costruita sulle minacce nucleari e sulle guerre, ma solo sulla diplomazia che ricerca le "paci possibili".

L'appuntamento è per una discussione online, il 29 settembre, per riflettere sull'esperimento tedesco di una lista per la pace, per l'esplorazione di temi e sfide, quali l'opposizione coerente alle guerre, la conversione ecologica, l'immigrazione, il blocco sociale di riferimento per una alternativa, le cui soluzioni oggi forse diamo troppo per scontate, e che la nuova formazione, con il suo approccio innovativo, anche se controverso può scuotere in modo profondo, per diversi punti di vista e aspetti.

Link per collegarsi da piattaforma zoom, domenica 29 settembre, dalle ore 18:00 alle ore 20:00

https://us06web.zoom.us/j/84801232820?pwd=NCPtMb8OYFQluz3zviEsxkjGDb0TbU.1

2- commento di Alfonso Navarra sulla corsa al riarmo nucleare che va fermata: basta, come propone ICAN, con il finanziare le armi "atomiche"!

Nel conflitto per interposta Ucraina tra la NATO e la Russia, sta crescendo il rischio di un confronto armato aperto tra grandi potenze nucleari. Le rinnovate, spesso esplicite, minacce di Putin di impiegare testate "tattiche" se, da una parte, mostrano che, nel quadro del diritto internazionale, non ci stiamo dirigendo verso la fine del conflitto, dall'altra aumentano il rischio di errori di calcolo. (Anche se molti analisti confidano in un relativo stallo sulle linee del fronte e in una svolta rappresentata da un nuovo presidente degli USA, che sarà eletto il prossimo novembre).

Non vanno sottovalutate le dichiarazioni di Putin del 25 settembre 2024 riportate da un dispaccio ANSA. Si annuncia una revisione della dottrina nucleare. Un attacco contro la Russia condotto con razzi, droni, aerei, armi aeree e spaziali, e quanto altro, da un Paese che non dispone di bombe atomiche ma "con la partecipazione o l'appoggio di uno Stato nucleare" potrà essere considerato "una aggressione congiunta contro la Federazione russa". Questo atteggiamento del Cremlino, si badi bene, viene scritto nero su bianco, "perché - dice Putin - siamo obbligati a tenere conto di nuove fonti di minacce". Ecco quindi che si parla della possibile risposta nucleare, magari una esplosione dimostrativa in mare, a un'azione ucraina appoggiata da Stati Uniti e Paesi nucleari europei.

(Si vada su: https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2024/09/25/putin-risposta-nucleare-in-caso-di-un-attacco-aereo-massiccio_1900a305-8ce0-4ead-adba-ba15a381a5bd.html )

La retorica della deterrenza, a differenza che durante la Guerra Fredda, comincia a farsi minaccia concreta di impiego, sfortunatamente un giorno sì e l'altro pure; e non possiamo ignorare la pericolosità della nuova situazione del confronto internazionale, che potrebbe portarci ad avventure senza ritorno.

Nonostante i trattati sulle armi nucleari, si stima che nel mondo oggi ci siano 12-13.000 testate "atomiche". E due Stati con armi nucleari sono direttamente in guerra (Russia e Israele). Il quinto Rapporto ICAN sulla spesa globale nucleare fa emergere dati che indicano un aumento importante nel 2023 delle spese per l'ammodernamento dell'arsenale nucleare (insieme a quello dei caccia per il loro trasporto). I 91 (circa) miliardi di dollari stimati equivalgono a oltre 173 mila dollari al minuto.

Il rapporto, dal titolo "Surge: 2023 Global nuclear weapons spending", è scaricabile al seguente link:

https://www.icanw.org/surge_2023_global_nuclear_weapons_spending

La Campagna internazionale per l'abolizione delle armi nucleari (ICAN – Premio Nobel per la pace 2017), network con più di seicento organizzazioni in 100 Paesi impegnate nella lotta per l'abolizione delle armi nucleari – dal 16 al 22 settembre ha promosso la prima "Settimana di azione globale sulla spesa nucleare". Noi, disarmisti esigenti, tra i membri italiani di ICAN, sosteniamo questa specifica iniziativa, anche se crediamo manchi in questo momento, da parte della rete internazionale, una capacità strategica più complessiva nell'indirizzare una più articolata gamma di azioni. E' la necessità di un collegamento con la campagna "No first use" che - come è noto - caldeggiamo e che è al centro del working paper che abbiamo presentato al secondo meeting degli Stati parte del TPNW (dovrà essere illustrato al terzo meeting).

L'aumento di spesa, che ha toccato oltre quota 90 miliardi, è un avvertimento che ICAN lancia: significa che, anche se il numero di testate non sta aumentando, i nove Stati dotati di armi nucleari stanno modernizzando i loro arsenali e quindi manifestano la loro disponibilità ad utilizzarli. Le minacce di impiego delle bombe atomiche, che - come si è detto - diventano esplicite, in particolare sull'Ucraina, dimostrano che, purtroppo, l'opzione nucleare in ambito militare si fa facendo concreta e i soldi investiti – nonostante la crisi economica – sono un indicatore abbastanza chiaro in questo senso.

Ecco la necessità di coinvolgere la società civile più ampia nell'impegno sul problema per accrescere la sua pressione sulle istituzioni che fanno orecchie di mercante. Sviluppare la sensibilizzazione e la discussione tra gli attivisti di base serve anche a far emergere quanto il tema delle spese nucleari sia strettamente connesso con quello del coinvolgimento, da boicottare, delle banche che finanziano il settore. E' bene ricordare che il movimento per il disarmo nucleare è di antica data e che è stata proprio la società civile attraverso la rete ICAN ad avere fatto incardinare, nel 2017, il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW). Il Trattato è in vigore il 22 gennaio 2021, ma va ricordato che l'Italia, insieme praticamente a tutti i Paesi NATO, ha votato contro l'adozione. Ed è quasi scontato osservare che nessuna delle potenze nucleari ha finora aderito. Ma esiste una differenza tra esse su cui lavorare relativamente alle strategie di impiego. Il non primo uso, proclamato finora soltanto dalla Cina, accompagnato con misure concrete, sotto controllo AIEA, di "deallertizzazione delle testate", nell'interesse degli stessi Stati dotati, può ridurre il rischio di guerra nucleare per errore.

91 miliardi costituiscono uno spreco scandaloso di risorse di fronte a oltre 2 miliardi di persone sotto la soglia di povertà nel mondo. E la politica dei governi distoglie lo sguardo da una sofferenza umana, a conti fatti rimediabile, per alimentare invece la prospettiva di una sofferenza ancora peggiore! Le armi "atomiche", in caso di utilizzo in guerra, sarebbero un fattore pregiudicante l'esistenza di gran parte della popolazione mondiale: non devasterebbero solo la zona di guerra dove verrebbero utilizzate. In caso di guerra nucleare allargata tra USA e Russia, la maggior parte dei morti, stimabili in miliardi di persone (se va bene!), non si produrrebbero quando esplodono le bombe bensì dopo, sia per le radiazioni, sia per il cosiddetto "inverno nucleare": tutti gli studi più recenti lo dimostrano.

E' così difficile capire, da parte dei potenti della Terra, che le risorse che ci sono possono essere spese non per la preparazione della morte, giustificata come "deterrenza" (in realtà genocidio programmato in cui tutti gli umani siamo tenuti ostaggi!), bensì per rafforzare la speranza di vita? Proviamo, facendo un esempio tra i tanti possibili, a fare mente locale sul fatto che quasi 17 mila vaccini contro malattie infantili come il morbillo potrebbero essere somministrati con il valore della spesa di un solo secondo per le armi nucleari! Ecco che emergerebbe con evidenza che si tratta di scegliere come investire le risorse; e di rendersi conto che i programmi sulle armi nucleari sottraggono fondi pubblici ai bisogni vitali (acqua, cibo) e ai servizi che rendono dignitosa la vita umana, dalla salute, all'istruzione, alla salvaguardia dell'ambiente.

A dire il vero, questo ragionamento può valere per la spesa militare in quanto tale, anche se, anche per ragioni di adeguamento alla coscienza generale, che è magari pacifista ma è in ritardo sul cammino della nonviolenza, potrebbe essere operata una distinzione tra armi "offensive" ed armi "difensive", inquadrabili in diversi tipi di "modelli di difesa". La maggior parte dei fondi che pretendono di puntare alla pace preparando la guerra possono essere invece utilizzati per coltivare la pace, per ridurre le disuguaglianze, per riparare i danni che l'umanità sta arrecando agli ecosistemi. La pace con la Natura anzi ha da essere considerata prioritaria, la condizione per una pace autentica e positiva tra gli esseri umani.

Attualmente l'Italia, firmataria dei trattati internazionali di non proliferazione e di controllo degli armamenti, non produce né possiede armi nucleari ma partecipa, insieme a Belgio, Germania, Olanda e Turchia, al programma di "condivisione nucleare" della NATO, esplicitamente finalizzato alla "guerra limitata al teatro europeo". Ne consegue, in virtù anche di trattati segreti con Washington, che testate nucleari si trovano ospitate sul suolo italiano, ma - al di là della favola sulla "doppia chiave" - sotto il totale controllo statunitense. A livello ufficiale non si conferma né si smentisce la presenza di testate nucleari americane nel nostro Paese che si troverebbero nelle basi di Aviano (Pordenone) e Ghedi (Brescia). Per una stima numerica, da un po' di anni, si parla generalmente, su un totale di 200 testate USA in Europa, di una cinquantina di testate in Italia. Vi è poi il problema del via vai nei porti nucleari, dove attraccano navi e sommergibili che, in caso di crisi, potrebbero ospitare natanti "strategici" con a bordo armi nucleari.

Non è il momento - per una serie di condizioni oggettive e soggettive, di porre subito il problema dell'uscita del nostro Paese da una Alleanza Atlantica che, nella sua ispirazione profonda, comunque è contro lo statuto dell'ONU. Però possiamo e dobbiamo fare a meno, dopo il nucleare civile, anche del nucleare militare, come comunità nazionale che, a detta di tutti i sondaggi riportati dai media mainstream, ha una opinione pubblica largamente pacifista. Ce lo impone, oltretutto, il nostro dettato costituzionale (art. 11) e a maggior ragione, per quanto finora argomentato; ed anche la constatazione egoistica che in caso di guerra nucleare, con le nostre basi atomiche da segreto di Pulcinella, saremmo subito bersaglio di un attacco missilistico nemico. La nostra prospettiva di distruzione minacciata e subita si trova drammaticamente di fronte al disinteresse delle istituzioni e di gran parte della politica, con i partiti che vediamo parlare di pace votando invece scelte di guerra.

In questo contesto urge disinnescare il conflitto ucraino e non ha alcun senso gettare benzina sull'incendio in corso con la fornitura di armi all'esercito di Kiev. Ed urge, senza parteggiare per Hamas, Hezbollah e gli ayatollah iraniani che le sponsorizzano, non agevolare Israele in una "autodifesa" che è vendetta con annessi crimini di guerra, rendendosi complici con il tentativo di Netanyahu di incendiare il Medio Oriente per sfuggire ai processi che lo attendono.

In conclusione: la corsa verso il precipizio va arrestata nella consapevolezza che la deterrenza nucleare, in tutti i suoi aspetti, costituisce, al di là delle illusioni immediate, la "massima garanzia di insicurezza": una mobilitazione globale dal basso è quindi indispensabile. È necessario che i cittadini "facciano chiasso" (l'espressione è stata usata da Papa Francesco) e premano sui governi e le organizzazioni internazionali per esigere un dialogo immediato tra le parti coinvolte e nuovi tavoli per il disarmo nucleare. La sicurezza collettiva non può essere costruita sulle minacce nucleari e sulle guerre, ma solo sulla diplomazia che ricerca, più che le paci astrattamente "giuste", le "paci possibili".

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3- articolo di Luigi Mosca del 10-12-2023

Come passare da un divieto giuridico, quello del TPNW, a un'eliminazione effettiva, totale e irreversibile delle armi nucleari

Come passare da un divieto giuridico, quello del TPNW, a un'eliminazione effettiva, totale e irreversibile delle armi nucleari (1)

Questo si basa sui progressi emersi nel 2°Esimo Riunione degli Stati parti del TPNW (Trattato sulla proibizione delle armi nucleari – TPNW) (2)

  1. Introduzione

La questione sollevata nel titolo è importante poiché, nonostante alcuni notevoli successi del TPNW, dopo la sua adozione il 17/07/2017 e la sua entrata in vigore il 22/02/2021, nessuno degli Stati dotati di armi nucleari, né i loro alleati, hanno finora aderito a questo trattato.

Ricordiamo innanzitutto, in breve, i principali successi del TPNW fino ad oggi:

Ci sono già 93 Stati firmatari e 70 Stati che lo hanno ratificato.

Inoltre, centinaia di città in tutto il mondo, tra cui New York, Washington DC, Hiroshima, Nagasaki, Philadelphia, Los Angeles, Toronto, Ottawa, Montreal, Vancouver, Oslo, Helsinki, Berlino, Colonia, Berna, Ginevra, Sydney, Melbourne, Milano, Torino, Bologna, Padova, ecc., hanno invitato i loro governi ad aderire al TPNW e in Francia 76 città, tra cui Parigi, Lione, Bordeaux, Grenoble, Montpellier, Tours e Besançon. ha invitato il governo francese ad aderire al TPNW.

D'altra parte, la forte stigmatizzazione delle armi nucleari da parte del TPNW ha portato a più di cento (attualmente 109) agenzie di finanziamento nel mondo (banche, tra cui Deutsche Bank, alcuni dei più importanti fondi pensione, ecc.) da ridurre o addirittura interrompere completamente (circa la metà) il finanziamento delle armi nucleari. (3)

  1. Il 2°Esimo Riunione degli Stati Parte del TPNW

Diamo ora un'occhiata ai principali progressi emersi nel 2°Esimo Riunione degli Stati Parte del TPNW:

I risultati del 1°pronto soccorso Riunione degli Stati parti nel giugno 2022, in particolare il "Piano d'azione di Vienna" (4), forniscono una solida base su cui sono stati compiuti ulteriori progressi durante il periodo intersessionale. In effetti, le riunioni intersessionali hanno fatto progredire l'approccio collaborativo di questo Trattato, grazie all'impegno degli Stati, della società civile e del mondo accademico ad attuare le disposizioni del Trattato. Le discussioni intersessionali hanno affrontato alcuni dei temi più salienti del disarmo nucleare, sia nel contesto del TPNW che altrove. Questi includono la verifica del disarmo nucleare, l'assistenza alle vittime e la riparazione ambientale, l'universalizzazione del TPNW, la sua complementarità con il TNP e altri trattati sul disarmo, nonché gli aspetti legati al genere del disarmo nucleare. Un gruppo di 23 parlamentari provenienti da 14 paesi ha contribuito attivamente a sensibilizzare e sostenere il TPNW a diversi livelli in Europa. Il rapporto (5) del Gruppo consultivo scientifico (istituito un anno fa) sullo stato e lo sviluppo delle armi nucleari, sui rischi associati alla loro esistenza, sulle loro potenziali conseguenze umanitarie e sul disarmo nucleare, è emerso come un documento importante per tutte le parti interessate. In particolare, un argomento che è stato sottoposto a un'analisi molto critica è quello della "deterrenza nucleare".

L'istituzione di questo gruppo scientifico rappresenta quindi un'iniziativa importante di queste riunioni degli Stati parte del TPNW.

Un altro evento molto importante è stato quello di un certo numero di non Stati parti che hanno partecipato a questa riunione in qualità di osservatori. Si tratta di un passo importante verso un dialogo autentico, inclusivo e trasversale sul disarmo nucleare: un vero e proprio "ponte" tra Stati, a volte molto distanti tra loro.

Alcuni di questi stati non aderenti sono membri della NATO (Germania, Belgio e Norvegia): guardano con interesse al TPNW e sono persino pronti a collaborare su alcuni punti del Trattato, tra cui l'assistenza alle vittime e la riparazione ambientale, ma si ritengono impossibilitati ad aderire al TPNW a causa delle "regole" della NATO di cui fanno parte (soprattutto Germania e Belgio che ospitano sul loro suolo bombe nucleari provenienti dagli USA!)

Da qui alla prossima riunione degli Stati parte del TPNW, che si terrà a New York dal 3 al 7 marzo 2025 sotto la presidenza del Kazakistan, i partecipanti a questa 2a riunione si terranno nelEsimo Meeting si impegnano a proseguire e incrementare le proprie attività sullo slancio delle iniziative in corso.

Ecco alcune considerazioni e suggerimenti più personali...

  1. Quale strategia per il medio e lungo termine?

Come abbiamo visto, paesi come Germania, Belgio e Norvegia ritengono che la loro adesione alla NATO costituisca un ostacolo alla loro possibile adesione al TPNW. D'altro canto, l'aggressione della Russia verso l'Ucraina, e indirettamente verso l'"Occidente", costituisce per questi paesi una delle ragioni principali per rimanere nella NATO.

Ne consegue che l'unico modo per sbloccare questa situazione sarebbe cambiare radicalmente la natura del rapporto tra Occidente e Russia.In breve: passare da una "cultura del nemico" (lose-lose) a una "cultura della cooperazione" (win-win).

Un'utopia fantastica? Diamo un'occhiata alla storia:

A seguito del crollo dell'Unione Sovietica (un grave trauma e una profonda umiliazione per la Russia e soprattutto, successivamente, per il suo Presidente Putin), nel periodo 1992-2003 si è verificato un significativo riavvicinamento tra la Russia e l'Occidente, al punto che una era stato avviato il processo per consentire alla Russia di aderire alla NATO, che ovviamente avrebbe ridefinito i suoi obiettivi.

Un ruolo importante in questo contesto è stato quello di Evgenij Primakov – ministro degli Esteri di Boris Eltsin – che sosteneva una geopolitica multipolare. Ma... una notte (nel 1999) Primakov stava sorvolando l'Oceano Atlantico in direzione di Washington: non appena ricevette il messaggio che la NATO aveva iniziato a bombardare Belgrado, ordinò immediatamente al pilota di fare dietrofront e tornare a Mosca.

Il resto è noto: tra il 2004 e il 2020, la NATO è cresciuta da 16 a 30 paesi membri, dispiegando varie armi in Polonia, Romania e negli Stati baltici, al confine con la Russia.

Inoltre, al vertice NATO del 2008 a Bucarest, gli alleati hanno dichiarato che "la Georgia e l'Ucraina potrebbero aderire alla NATO in futuro".

Ora tutto ciò è stato evidentemente percepito dalla Russia come un tradimento delle promesse fatte dai leader occidentali (George Bush Sr., Kohl, Mitterrand, la signora Thatcher e Manfred Wörner, segretario generale della NATO) negli anni '90 secondo cui la NATO non avrebbe esteso "neppure un pollice" a est della Germania riunificata, come ha affermato il segretario di stato del presidente George Bush, James Baker.

Potremmo quindi parlare di «esigenza attuale di rinnovare un dialogo interrotto circa vent'anni fa».

Quindi cosa fare? Cercando di realizzare ora, in condizioni molto più difficili, ciò che non è stato fatto negli anni '90, quando il contesto geopolitico era molto più favorevole,

Vale a dire: aprire negoziati con la Russia sui "problemi di frontiera" basati sullo status delle popolazioni di origine russa nei paesi dell'Est, in particolare in Ucraina, in Moldavia e nei tre paesi baltici, che costituiscono altrettante "bombe a orologeria", il primo dei quali è già esploso in Ucraina.

Ad esempio, in Estonia e Lettonia circa 1/3 della popolazione è di origine russa e più della metà di loro è priva di qualsiasi nazionalità!!

Tuttavia, riuscire a stabilire relazioni pacifiche e costruttive tra la Russia e il resto dell'Europa avrebbe un effetto positivo anche sul processo di disarmo nucleare, sebbene, ovviamente, non sufficiente per un disarmo efficace e generale.

Per fare questo, tutti e 9 i paesi dotati di armi nucleari devono (anche con i loro alleati) "arrivare gradualmente a un posto allo stesso tavolo delle trattative", avendo preso coscienza che il possesso di armi nucleari costituisce un rischio inaccettabile innanzitutto per loro stessi.

Se da un lato spetta a questi Stati prendere questa iniziativa, spetta anche a noi, società civile, aiutarli a raggiungere tale consapevolezza.

Quale degli stati nucleari potrebbe essere l'iniziatore di un tale processo? Si pensi alla Cina che, nonostante il suo regime totalitario, ha adottato un atteggiamento relativamente aperto nei confronti del processo che ha portato all'adozione del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari ed è l'unico Stato nucleare ad aver completamente escluso dalla sua dottrina qualsiasi forma di attacco nucleare "per primo".

Come primo passo, la Cina potrebbe proporre la creazione di un Gruppo di lavoro, composto da esperti dei 9 Paesi nucleari (un WG9) con la missione specifica di formulare una "tabella di marcia" realistica per un disarmo multilaterale coordinato, che servirebbe poi come base per i negoziati tra i 9 Stati nucleari e i loro alleati.

Allora l'adesione universale al TPNW, il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, non dovrebbe più incontrare ostacoli significativi.

Per concludere, possiamo ricordare qui ciò che sosteneva Mikhail Gorbaciov: "Se uno Stato vuole essere sicuro, deve prima contribuire a garantire la sicurezza di tutti gli altri Stati": tuttavia, la "deterrenza nucleare" fa esattamente il contrario!

Note

(1) Cfr. anche il documento di lavoro "Una strategia per passare dal divieto giuridico a un'eliminazione effettiva, totale e irreversibile delle armi nucleari"

https://docs-library.unoda.org/Treaty_on_the_Prohibition_of_Nuclear_Weapons_-SecondMeeting_of_States_Parties_(2023)/TPNW. MSP_.2023.NGO_.14.pdf

(2) Si vedano gli articoli di Sandro Ciani ("Mondo senza guerre e senza violenza") a seguito di questo Incontro sull'Agenzia di Stampa Internazionale "Pressenza", così come la Dichiarazione Finale di questo 2° incontroEsimo Riunione degli Stati Parte del TPNW:

https://docs-library.unoda.org/Treaty_on_the_Prohibition_of_Nuclear_Weapons_-SecondMeeting_of_States_Parties_(2023)/TPNW. MSP_.2023.CRP_.4.Rev_.1_revised_draft_dec.pdf

(3) Il «Piano d'azione di Vienna» alla 1ª riunione degli Stati parti del TPNW

https://documents.unoda.org/wp-content/uploads/2022/06/TPNW.MSP_.2022.CRP_.7-Draft-Action-Plan-new.pdf

(4) Visualizza il rapporto "Allontanarsi dalla distruzione di massa" (luglio 2023)

https://www.dontbankonthebomb.com/wp-content/uploads/2023/07/PAX_Rapport_DBotB_Moving_Away_FINAL_digi_Single_Page.pdf

(5) Relazione del gruppo consultivo scientifico sullo stato e gli sviluppi relativi alle armi nucleari, ai rischi delle armi nucleari, alle conseguenze umanitarie delle armi nucleari, al disarmo nucleare e alle questioni connesse

Relazione del gruppo consultivo scientifico sulle sue attività annuali

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4- Mario Agostinelli sulla giornata ONU per l'eliminazione delle armi nucleari

Ci troviamo di fronte al più grande problema che l'umanità abbia mai affrontato: l'erosione e il possibile collasso dei nostri sistemi di supporto alla vita. Nella fase attuale, il pericolo nucleare, il cambiamento climatico e la distribuzione ineguale di ricchezza e reddito, offrirebbero progetti per una partnership tra i potenti del mondo, che tutto il resto dell'umanità non potrebbe che condividere. Ma l'opinione pubblica viene distratta dall'obbiettivo centrale in questa fase: il diritto della pace da cui prendono vigore tutti gli altri diritti.

Perfino l'atomica non assume più categoricamente quel significato di deterrenza che aveva allontanato l'immagine della catastrofe per tutta la guerra fredda e dopo gli eventi terribili di Hiroshima e Nagasaki. Al contrario, il segno della fase in corso è purtroppo quello del conflitto armato e senza sbocco: chi è contro la guerra – cui la crisi climatica fa da contorno - viene giudicato come un antagonista, a prescindere da come sappia inquadrare, comunicare e rendere credibili i propri appelli.

Viene così sfuocata insistentemente l'immagine della catastrofe che – una volta precisata - dovremmo cercare con più forza di evitare, in vista della definitiva perdita del nostro pianeta.

Per non lasciare spazio alla credibilità (etica e politica) dell'idea ancora predominante dello scontro armato, come fatto naturale e inevitabile che, pur di giungere alla vittoria, ricorre al genocidio, alle distruzioni più immani, alla legittimazione di armi sempre più potenti come gli ordigni nucleari, occorre farne comprendere l'assoluta inutilità, data la non riparabilità delle distruzioni che esso può creare, soprattutto nell'ambito della vita.

Di fronte alla guerra, la pratica predominante è quella di credere di poter stare da una parte o dall'altra. A mio avviso, dobbiamo sempre prendere posizione "contro la guerra" ed essere assolutamente intransigenti quando viene portato sulla scena il ricorso al nucleare.

Il 26 SETTEMBRE di ogni anno costituisce la giornata internazionale per l'eliminazione totale delle armi nucleari. Il 2024 deve fornire l'occasione perché questa ricorrenza – istituita nel 2013 dall'ONU – faccia accrescere la consapevolezza sui costi sociali, economici e di sicurezza che gli arsenali nucleari comportano e sui concreti benefici che deriverebbero dal loro completo smantellamento.

Il disarmo nucleare è un obiettivo cruciale delle Nazioni Unite, già al centro della prima Risoluzione dell'Assemblea Generale nel 1946. La sua discussione è stata poi ampliata nel corso delle conferenze che si sono tenute sin dal 1975 e che hanno portato gli Stati membri a siglare il Trattato di non proliferazione nucleare. Già nel 1978 si è tenuta la prima Sessione Speciale sul disarmo dell'Assemblea Generale.

Più della metà della popolazione mondiale vive in Paesi dotati di armamenti nucleari o che fanno parte di alleanze nucleari. La comunità internazionale è quasi unanime nel condividere l'obiettivo di un mondo privo di armi atomiche; tuttavia, come si è evidenziato durante i lavori del Summit sulla Sicurezza Nucleare svoltasi lo scorso aprile a Washington, permangono dissensi in merito a modalità e tempistiche per raggiungere questo traguardo.

ICAN, International campaign to abolish nuclear weapons, (v. https://www.icanw.org/ ), ha lanciato una settimana di mobilitazioni contro la spesa per le armi nucleari dal 16 al 22 Settembre: una spesa che nel 2023 è salita a 91,4 miliardi di dollari. ICAN -insignita del Premio Nobel per la pace nel 2017-, è una coalizione di più di seicento organizzazioni in cento Paesi, impegnata nella lotta per l'abolizione delle armi nucleari e nella promozione per la firma del Trattato per la loro proibizione (Tpnw), approvato dalle Nazioni Unite il 7 luglio 2017 e attualmente ratificato da settanta nazioni, tra cui non c'è l'Italia.

La settimana di mobilitazione sarà l'occasione per organizzare momenti di confronto e webinar in collaborazione con Ican stessa, pubblicare materiale di approfondimento e rilanciare i dati della campagna internazionale, focalizzandosi sul nostro Paese. Per l'occasione, il presidente dell'ONU Antonio Guterres, profondamente turbato dagli eventi ucraini e in Medio Oriente, ha mandato un forte messaggio, che va perseguito in iniziative le più efficaci possibili e introiettato nelle coscienze a livello di massa: "Il dono più grande che potremmo fare alle prossime generazioni sarebbe quello di eliminare le armi nucleari. Il 26 Settembre, impegniamoci a creare un nuovo mutuo accordo al fine di disinnescare definitivamente la minaccia atomica e raggiungere il nostro obiettivo comune di pace". 

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