Organizzare il popolo contrario alla guerra, promuovere percorsi di diplomazia di base - Incontro online il 5 marzo 

03.03.2023

E ADESSO CHE SI FA PER ORGANIZZARE IL POPOLO CHE NON VUOLE LA GUERRA?

I disarmisti esigenti propongono una consultazione dopo le scadenze di mobilitazione (a livello internazionale) nel primo anniversario dello scoppio della Guerra Grande in Ucraina (copyright Limes), scatenata dall'invasione russa del 24 febbraio 2022, ma affondante le radici in un complesso background geopolitico ed economico.
Siamo gli antimilitaristi nonviolenti italiani impegnati nei "presidi di coerenza ecopacifista": nell' incontro online su zoom che promuoviamo, intendiamo esaminare e verificare l'attrattività delle campagne che, stando ai sondaggi effettuati dai media mainstream, raccolgono già il consenso maggioritario del popolo italiano.

Si tratta delle iniziative innestate su cinque punti precisi (no aiuti militari all'Ucraina, negoziati subito, no riarmo, no sanzioni, denuclearizzazione) e di cui sondiamo il grado di interesse o di disinteresse da parte dello stesso del movimento che ha manifestato i giorni a ridosso dell'anniversario della invasione dell'Ucraina, nei suoi vari poli di riferimento politico-organizzativi (RIPD, CALP, gruppi cattolici, No guerra No NATO, No Vax, Umanisti: e, in piccolo, gli stessi Disarmisti esigenti).

La data fissata per la consultazione (informale ) è domenica 5 marzo dalle ore 17:00 alle ore 20:00.

Alfonso Navarra per conto dei Disarmisti esigenti ti sta invitando a una riunione pianificata in Zoom.
Entra nella riunione in Zoom

https://us06web.zoom.us/j/89101315576?pwd=K2kvYituMjdNTXhhcXk4UXFjZ1d1QT09

ID riunione: 891 0131 5576
Passcode: 386282Trova il tuo numero locale: https://us06web.zoom.us/u/kvDIUUMdn

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Testo completo dell'invito rinvenibile al link : 


TITOLI DEI PARAGRAFI


La guerra in Ucraina si inserisce in una partita globale e tende a infognarsi in uno scontro prolungato sul modello combinato dei conflitti 1914-1919 e 1939-1945


la prospettiva dello scioglimento della NATO va depurata da schieramentismi a senso unico e dal massimalismo


Il destino della pace e della guerra è nelle mani dei popoli


Il piano di pace della Cina e il punto di vista del Dragone


Il G20 in India secondo i resoconti de la Repubblica e del Corriere della Sera


All'Italia la delega di occuparsi del riarmo dell'India come compensazione per la rottura con la Cina?  

L'atlantismo opportunistico del ceto politico italiano. Come si comporterà la nuova segretaria del PD?


La terrestrità come bussola culturale per la diplomazia popolare dal basso: la proposta di Assisi come sede dei negoziati di pace

Aiutare la costruzione del partito della pace che non c'è

La proposta di formare un collettivo per le mediazioni Est-Ovest  

I poli attrattivi della galassia ecopacifista ed i loro impegni/scadenze  


La data fissata per la consultazione (informale) tra disarmisti e disarmiste è domenica 5 marzo dalle ore 17:00 alle ore 20:00.


Alfonso Navarra per conto dei Disarmisti esigenti ti sta invitando a una riunione pianificata in Zoom.
Entra nella riunione in Zoom

https://us06web.zoom.us/j/89101315576?pwd=K2kvYituMjdNTXhhcXk4UXFjZ1d1QT09

ID riunione: 891 0131 5576
Passcode: 386282Trova il tuo numero locale: https://us06web.zoom.us/u/kvDIUUMdn


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La guerra in Ucraina si inserisce in una partita globale e tende a infognarsi in uno scontro prolungato sul modello combinato dei conflitti 1914-1919 e 1939-1945


Le novità del quadro internazionale, segnato profondamente dal conflitto con epicentro Ucraina, sono notevoli, con conseguenze che impattano a livello umanitario (le centinaia di migliaia di vite umane bruciate al fronte e sul territorio oggetto della controversia, le città e le infrastrutture distrutte e gli 8 milioni di persone sfollate), a livello ecologico (i target degli accordi di Parigi sono stati sicuramente messi in crisi) e a livello economico con shock di entità allarmante soprattutto nei mercati finanziari e delle materie prime.
Le sanzioni imposte alla Russia non stanno funzionando per come erano state pensate dai promotori NATO e UE, a giudizio ad esempio del NYT: l'economia russa cresce più di quella tedesca a conferma del fatto che i problemi di inflazione e disoccupazione sono insorti più per gli Stati europei che le hanno messe in opera che non per lo Stato sanzionato. Non è questa la sede per approfondire la spiegazione più strettamente economica del fenomeno.
Si parla di "seconda guerra fredda" che va montando ben oltre i confini in ballo nell'oriente d'Europa e che ha portato gli eserciti ucraino e russo a impantanarsi in una "guerra d'attrito" sul modello combinato di quelle portate avanti nella Prima e nella Seconda guerra mondiale: un braccio di ferro prolungato tra grandi eserciti che, tra offensive e controffensive, e parti del fronte arroccate nelle trincee, esaurisce le risorse umane e materiali dei belligeranti, da una parte l'Ucraina appoggiata dalla NATO, dall'altra la Russia supportata dalla Cina (nel senso che faremo spiegare più avanti  dall'analista strategico Huang Jing), e tende al collasso interno di uno dei due contendenti.
La preoccupazione sullo sfondo di una escalation della mobilitazione armata, l'Ucraina di Zelensky che acquisisce carri armati e chiede caccia, la Russia di Putin che recluta centinaia di migliaia di soldati, sono per dinamiche militari che, implicando incidenti tecnici ed errori di calcolo, possono degenerare nell'impiego da parte russa dell'arma nucleare "tattica", in quanto il regime putiniano ha classificato lo scontro in corso "di natura esistenziale".
La "pace attraverso la vittoria militare", perseguita dall'una e dall'altra parte, nel cuore dell'Europa, porta ad un vicolo cieco e oltretutto inesplorato, in quanto il già visto si accompagna al contesto della rivoluzione digitale, definita come l'era dell'intelligenza artificiale, dei social media e dell'economia globalizzata, che ha aumentato la potenza tecnologica e creato una sorta di villaggio globale.
La strategia del presidente Usa Joe Biden, di fornire all'Ucraina un crescente supporto militare ed economico per impedire alla Russia di vincere la guerra, ha coinvolto l'intero Occidente, di cui l'Italia è parte, in molteplici aspetti. Il ritorno del nemico nel cuore dell'Europa ha costretto gli Stati europei, ma non solo, ad aumentare le spese militari, a stravolgere i propri assetti energetici rinunciando a petrolio e gas russi, a far modificare le condizioni di vita e le abitudini ai propri cittadini, a far ritirare le imprese dalla Russia, ad archiviare il possibile asse energetico ed economico Mosca-Berlino.
L'Unione europea, governata nei vari Stati, a partire da quelli guida (Germania e Francia), da una élite non all'altezza delle sue responsabilità, si è fatta trascinare dagli USA nella cobelligeranza "dietro le quinte", senza opporre resistenze significative, con ciò assentendo ad una riduzione di status geopolitico per la incapacità di difendere con un minimo di assertività i suoi interessi economici elementari.
L'assemblea dell'ONU condanna l'invasione russa ma nel consesso degli Stati, fatta eccezione per l'Europa, il Giappone, la Corea del Sud e l'ex impero britannico, gli USA non hanno incassato il consenso sperato alla loro strategia e i popoli del Sud del mondo, dopo anni di azioni non richieste da "gendarme del mondo", considerano il tema della libertà, di cui la resistenza ucraina sarebbe "campione", più una trovata retorica degli americani per fare i loro interessi che non la sostanza di un ordine mondiale fondato sulla forza del diritto.
La situazione di stallo fa crescere nell'opinione pubblica dei paesi occidentali, italiani in testa, la contrarietà a una guerra che ha come conseguenze concrete, ben oltre l'aumento delle spese militari, la crisi economica e il peggioramento delle condizioni di vita dei ceti popolari. Anche per l'élite americana, nonostante il trionfalismo di facciata, cresce la preoccupazione di poter, alla lunga, registrare molti più danni che vantaggi dalla guerra condotta per procura dagli ucraini e con essi lo sfaldarsi dell'egemonia dell'impero a stelle e strisce: diventerebbe evidente che esso non ha più il potere di prima nell'imporre la propria volontà e dettare le regole universali. Questa ansia da possibile debacle sembra costringere gli USA a una svolta: o la trattativa o l'escalation militare per coprire dentro una guerra generalizzata i propri errori relativi alla strategia egemonica adottata.
E qui possono giocare un ruolo decisivo i popoli occidentali, che non hanno indossato l'elmetto, se avanguardie intelligenti si organizzano per fare pesare il sentimento pacifista maggioritario acuendo le contraddizioni all'interno degli apparati politici dominanti. Paradossalmente – coloro che oggi sembrano avere le posizioni più ragionevoli sono i vertici degli apparati militari. I ceti politici invece perdendo consenso si dividono tra chi vuole mollare e chi pensa di rilanciare come in una partita di poker. 

Il destino della pace e della guerra è nelle mani dei popoli

In questa situazione occorre aver chiaro che il potere di indirizzare le decisioni delle élites che comandano è nelle mani delle moltitudini popolari. La gente si tenta di portarla a pensare che non conta nulla perché le si inculca il T.I.N.A., che "There is no alternative". Ad esempio l'ISTAT per l'opinione pubblica italiana certifica uno stato di depressione e di rassegnazione. Nulla di più lontano dalla realtà e la seguente presa d'atto - sono i popoli che fanno la Storia - è la tipica "non notizia".
Questo senso di impotenza coltivato da martellamenti propagandistici durati decenni va però contrastato. Bisogna, come si diceva, risvegliare sul fatto incontestabile che sono sempre i popoli gli agenti determinanti della Storia, i protagonisti in ultima istanza dei grandi cambiamenti, delle ricorrenti "rivoluzioni". Sarà pertanto non un lavoro di lobbisti buoni ma la mobilitazione dell'opinione pubblica a stoppare il sonnambulismo dei governi che può fare prendere al conflitto ucraino la strada di una escalation incontrollata e quindi della guerra nucleare. Tutto è nelle mani delle masse popolari se la loro volontà trova canali organizzativi adeguati e coerenti. Il punto è la trasformazione di un dissenso passivo - esistente ma soffocato - in un dissenso attivo organizzato e finalizzato. Questa trasformazione può avere luogo, ad avviso dei Disarmisti esigenti & partners, se viene abbattuto il muro culturale dell'atlantismo che cementa la classe dirigente europea al punto che ormai non si riesce più a concepire una Unione europea al di fuori della protezione militare NATO.

la prospettiva dello scioglimento della NATO va depurata da schieramentismi a senso unico  e dal massimalismo

A Venegono inferiore, il 4 e 5 febbraio 2023, presso il Castello dei Missionari Comboniani, è stato organizzato da Abbasso la guerra e altre organizzazioni un convegno per ribadire che IL FUTURO NON E' NATO, e questo pronostico è sicuramente condivisibile dai Disarmisti esigenti. 

Vogliamo però mettere sull'avviso di un rischio che si può correre quando, giustamente, si denuncia come tale macchina da guerra transnazionale a guida USA abbia trasformato la propria missione da formalmente difensiva a offensiva. 

Il rischio è che si faccia dell'"imperialismo USA", come viene di solito bollato, l'unico motore della tendenza alla guerra su scala globale, soprattutto se si guarda al conflitto armato tra Stati, suprema espressione di violenza organizzata, come un crimine contro l'Umanità (e contro la Natura), che va bandito dalla Storia. 

Per amore di verità storica e fattuale, quindi per potere usufruire della forza della nonviolenza, sarebbe necessario focalizzare il punto che il sistema della potenza e della guerra precede di secoli, forse di millenni, la costituzione degli Stati Uniti d'America ed include dei poli statuali, grandi, medi e piccoli, molto più estesi e variegati rispetto a quanto è sotto il controllo diretto e indiretto del militarismo con centro a Washington. Essere il brigante numero uno non annulla la natura criminale dei banditi numero due, tre e quattro, eccetera; e neanche dei soci delinquenziali più o meno subalterni nell'oppressione e nella rapina violenta. 

La NATO ha le sue zampe nella guerra in Ucraina ma ciò non annulla le responsabilità della Russia di Putin; e della stessa Ucraina di Zelensky, che sta proprio stretta nel ruolo della vittima angelica.  Il documento finale emerso dal convegno evita le cadute di contenuto e di stile che invece affliggono altri poli del movimento che si autoproclamano pacifisti. Ma, a nostro avviso, non avrebbe fatto male a rimarcare in modo più esplicito che il sistema di guerra non coincide con la NATO, essendo più dilatato nello spazio e nel tempo. E ad attribuire ad esso - sistema globale - il colpo di maglio sugli equilibri ecologici globali che l'attività militare complessiva sta infliggendo. E, di conseguenza, il grido di allarme bene impostato dal documento: "Il nostro ecosistema non può più sostenere i costi, in gergo militare giustificati come "effetti collaterali", delle guerre in corso! Non abbiamo più tempo! Dobbiamo invertire la rotta e attuare immediatamente la conversione ecologica dell'economia e degli stili di vita, se vogliamo sperare di mitigare gli effetti dell'olocausto climatico imminente!", 

Quando critichiamo l'imperialismo USA faremmo bene a non dimenticare che Italia e Germania hanno prodotto di loro fascismo e nazismo. Non è che sganciarsi dallo Zio Sam assicuri in automatico comportamenti da "brava gente" e senza andare affatto indietro nel tempo basta solo guardare a come si muove oggi la Francia in Africa. 

La guerra, insomma, va combattuta ovunque e sempre anche perché, ce lo ricorda lo stesso Papa Francesco, oggi, se mai lo sono state, non esistono più guerre giuste e noi Disarmisti esigenti, nel volantino distribuito il 5 novembre a Roma, ne abbiamo indicato con chiarezza i due motivi. Primo: perché qualsiasi impiego sui campi di battaglia di armi, sempre più pesanti, potenti e tecnologizzate, danneggia più gli innocenti estranei al conflitto che gli implicati direttamente nel contenzioso e soprattutto danneggia la Terra, cioè il corpo vivente unico di tutti gli esseri umani integrati in esso. Secondo: perché è ormai dimostrato e sperimentato che esiste l'alternativa efficace dei metodi di resistenza nonviolenta. Quindi è la guerra in sé l'aggressore principale che ci aggredisce tutti. E dobbiamo boicottarla in tutti i modi nonviolenti possibili. Per altruismo e anche per egoismo intelligente: abbiamo capito che è in gioco la nostra stessa pelle e quella dei nostri cari se scattano escalation mal guidate. Ed è evidente che sono già colpite le nostre tasche con vari meccanismi, che non stiamo qui ad analizzare. Lo dice benissimo il documento di Venegono: "innumerevoli evidenze dimostrano che la guerra non è nell'interesse dei lavoratori e delle classi popolari di nessuna nazione. (...) Lottare contro la guerra vuol dire anche difendere il salario e condizioni di vita dignitose per tutte e tutti, contro la speculazione e l'economia di guerra che mette sul lastrico centinaia di migliaia di famiglie".

Sono poi colpite le libertà democratiche di cui dispongono i cittadini. Scrive opportunamente il documento di Venegono: "Il conflitto in Ucraina ha portato alla secretazione di atti governativi, alla riduzione delle facoltà parlamentari, alla limitazione della possibilità di esprimere il proprio pensiero sui mezzi di comunicazione senza incorrere in censura. L'emergenza legittima l'ammissione dei soli orientamenti ufficiali, come è avvenuto durante la gestione della pandemia, la narrazione pubblica tenta di dividere la cittadinanza secondo schemi binari. Pertanto è necessario non limitarsi a invocare una Pace astratta, ma mostrare come solo lottando contro la guerra è possibile garantire quei Diritti sociali e politici che sono messi in discussione dalla guerra stessa".  Si dice che i guerrafondai sono menzogneri e manipolatori: questo vale per tutti i violenti e i distruttori nel mondo; perciò la lotta per una informazione libera e indipendente è da legare strettamente alla lotta contro ogni guerra ai quattro angoli del Pianeta!

Il grido finale che sale da Venegono è: LA NATO VA SCIOLTA! "La NATO non garantisce la sicurezza comune in un mondo multipolare, ma, anzi, tende a svilire le organizzazioni internazionali, l'ONU anzitutto, preposte a garantire la Pace e salvaguardare le generazioni attuali e future dal flagello della guerra".

Benissimo. Ma vanno individuati i percorsi che, da una parte, rendano popolare l'obiettivo che oggi riscuote solo una minoranza di consensi; dall'altra, che creino le condizioni perché la struttura possa essere indebolita e svuotata, cioè torni allo "stato vegetativo" che ad esempio Macron diagnosticava nel 2019 (al vertice del 70ennale) per affogare infine nella propria estinzione. Alcuni proponimenti del Convegno di Venegono vanno in questo senso, altri forse un po' meno. 

Resta da discutere la proposta del 4 aprile 2023, a 74 anni dalla Fondazione della NATO, quale scadenza di mobilitazione diffusa: tutte le piazze d'Italia siano teatro di Pace in cui sia possibile

  • Denunciare la partecipazione dell'Italia alla guerra in corso;

  • Lottare contro la militarizzazione dei territori e la presenza delle basi militari e di ordigni nucleari USA-NATO in Italia.

Il piano di pace della Cina e il punto di vista del Dragone

Una novità importante è il piano cinese in 12 punti presentato in questi giorni, immediatamente bocciato da parte USA perché non condanna esplicitamente l'invasione russa, ma pur tuttavia da considerare con attenzione anche da parte pacifista: di questi tempi non è scontato che un soggetto statale, oltretutto di massima levatura, ricordi, aggiungendosi al Papa e alle forze pacifiste, che oltre al linguaggio delle armi esiste il linguaggio della diplomazia da attivare e coltivare. L'invocare il cessate il fuoco, la messa in sicurezza delle centrali nucleari, l'aiuto immediato alle popolazioni e la condanna del coinvolgimento dei civili nel conflitto: tutto questo è una condanna di fatto dell'invasione!
L'unica potenza che può rivaleggiare con gli USA è da tempo che dichiara che la guerra è un ostacolo al suo interesse principale che è il commercio multilaterale sul quale ha fondato la propria emersione ed espansione. La Cina, con qualche ammaccamento, ha superato la crisi del Covid mantenendo una posizione ascendente nell'economia mondiale, che vuole salvaguardare scongiurando una brusca frenata degli scambi.
Il piano cinese non è identificabile come propriamente pacifista ma contiene punti che potrebbero piacere ai nonviolenti che operano con intelligenza strategica: tacciano le armi, si cessi l'escalation riarmista, si soccorrano le popolazioni e si allontani la minaccia atomica. Su quest'ultimo tema possiamo, noi rete impegnata in ICAN, chiedere al Governo Cinese uno sforzo ulteriore per suffragare la bontà delle loro intenzioni: l'adesione al Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari. O, in via subordinata, riconoscere il contributo positivo del TPAN in collegamento con le istanze poste dal No first use - NFU. Sarebbe un modo concreto, da parte cinese, per rispondere a chi dice che il piano di pace sia solo propaganda.
In ogni caso lo spiraglio aperto dal piano di pace cinese, qualunque sia il suo esito, può essere una occasione "sfruttabile" dai pacifisti, in unisono con la Santa sede, per dire che la diplomazia è l'unica via d'uscita e per i nonviolenti di affermare con forza che le strade dell'obiezione di coscienza, della Difesa Popolare Nonviolenta, della non collaborazione con il sistema di guerra sono strade da praticare, da conoscere e da approfondire, oltre che l'unica vera soluzione all'impazzimento che stiamo vivendo. 

Sul punto di vista della Cina in merito al conflitto in Ucraina si ritiene molto importante l'intervento di Huang Jing, direttore dell'Institute of the U.S. Studies all'Università di Shangai, sul quotidiano Avvenire del 28 febbraio 2023. Il sottotitolo del suo pezzo fa: "La posizione di Pechino è una neutralità di principio, Putin sta facendo danno a sé stesso e agli interessi della Russia. La causa del conflitto? La mentalità da guerra fredda di USA e NATO". 

Si riportano ampi stralci dell'articolo (che può essere letto per intero al link: https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/occidente-e-conflitto-in-ucraina-ecco-il-punto-di-vista-della-cina ). 

"L'invasione delle forze militari russe in Ucraina è stata una sorpresa per i cinesi. (...) L'intelligence cinese non è riuscita a capire gli obiettivi strategici del presidente Putin. (Per ottenere gli obiettivi che forse si riprometteva, cioè dimostrare che gli Stati Uniti sono una tigre di carta, creare divisioni profonde nell'Occidente e impedire l'ingresso dell'Ucraina nella NATO) "non era necessario condurre la cosiddetta operazione militare speciale. (...) Dal punto di vista cinese, il presidente russo sta facendo un grave danno a se stesso e agli interessi della Russia, sia sul lungo sia sul breve termine (...).  Ad ogni modo, la guerra è scoppiata e la Cina si è trovata in una posizione difficile e imbarazzante. Da una parte, infatti, la Cina ha un accordo di partnership strategica globale con la Russia, l'economia cinese e quella russa si compensano a vicenda, sussiste una sorta di mutua interdipendenza. Inoltre, Mosca e Pechino hanno, almeno per ora, le stesse preoccupazioni sul piano della sicurezza, ossia la minaccia da parte di Washington e dei suoi alleati. D'altra parte, però, la Cina sta provando a proiettare nel mondo un'immagine di distributore di bene pubblico, un Paese costruttore e amante della pace che sta tentando di contribuire al villaggio globale in cui noi tutti viviamo. La Russia invece è una potenza globale non tanto per le sue capacità di contribuire costruttivamente, quanto piuttosto per il suo potenziale di distruzione di massa. (...)  Sergej Karaganov, uno dei più importanti analisti strategici in Russia, sostiene che questa guerra costituisce una sorta di attacco guidato dal glorioso e coraggioso popolo russo a questo brutto e controproducente ordine mondiale occidentale. Ma la Cina vuole restare in quest'ordine internazionale. Dal suo punto di vista, l'attuale sistema mondiale si regge su tre pilastri, tutti positivi: il primo è l'ordine politico centrato sull'Onu; il secondo è l'ordine economico-commerciale strutturato attraverso il Wto; il terzo è l'ordine finanziario globale regolato dalla Banca mondiale, dal Fmi ecc. Pechino vuole restare dentro quest'ordine e, perciò, deve riconoscere che, al suo interno, gli Stati Uniti e i suoi alleati rivestono ancora un ruolo molto importante, in molti casi insostituibile. Un declino degli Stati Uniti, in questo momento, non è nell'interesse cinese, anche perché fra le due parti sussiste un'irrevocabile interdipendenza in termini di sviluppo economico. (...) 

La posizione della Cina (verso la guerra) è di una neutralità di principio, che può essere riassunta in quattro punti. In primo luogo, Pechino sostiene e difende la Carta delle Nazioni Unite, critica e condanna tutte le violazioni della sovranità nazionale e integrità territoriale, compresa quella dell'Ucraina. In secondo luogo, Pechino sostiene fermamente che la causa originale ed essenziale della guerra tra Russia e Ucraina risiede nella «mentalità da Guerra fredda» degli Stati Uniti e dei suoi alleati, specialmente della Nato. In terzo luogo, la Cina prova a lavorare con le altre potenze, specialmente quelle europee come la Germania, la Francia e l'Italia, per mediare e portare un negoziato di pace. In quarto luogo, last but not least, la Cina mantiene una sorta di normale relazione con l'Ucraina offrendo aiuti di carattere umanitario. Dal punto di vista cinese, l'intero villaggio globale deve lavorare insieme. Gli Stati europei e la comunità internazionale devono continuare a mantenere la pressione su Putin e il suo gruppo. La Cina ha trasmesso un messaggio molto chiaro, nel settembre 2022, quando Xi Jinping ha trattato con freddezza Putin. È necessario rendere chiaro a tutti che la guerra nucleare è un tabù e che non è assolutamente possibile utilizzare armi nucleari contro il genere umano. Alle Nazioni Unite, 141 nazioni hanno condannato l'aggressione della Russia. Ma quando gli Usa hanno lanciato un piano totale di sanzioni contro Mosca, solo 40 Paesi, o ancora meno, li hanno seguiti. Nessuno Stato del Sud del mondo si è unito alle sanzioni, come Cina, India, Sudafrica, Brasile ecc. L'atteggiamento del Sud del mondo non è di solidarietà all'Occidente. (...)

Le relazioni tra Pechino e Washington peggioreranno ancora prima di poter migliorare, perché democratici e repubblicani sono uniti dalla visione della Cina come minaccia numero uno. Gli Stati Uniti non hanno mai provato cosa significhi essere il «numero due», in quanto sono sempre stati il «numero uno». Dico spesso ai miei amici americani: «chi può comprendere meglio la vostra mentalità? I cinesi!». Questi infatti sono stati il «numero uno» per millecinquecento anni e, improvvisamente, dopo il 1840 e le guerre dell'oppio, hanno toccato il fondo e hanno sofferto il «secolo dell'umiliazione». Negli Stati Uniti c'è un panico inconscio diffuso tra la popolazione che non sa come si possa vivere da « numero due» e non riesce ad accettare questo fatto. Prima che gli Stati Uniti riescano a superare questo tipo di emozione, sarà difficile migliorare le relazioni sino-americane"... 

Il G20 in India secondo i resoconti  de la Repubblica e del Corriere della Sera

Secondo la Repubblica del 3 marzo 2023, in un articolo a firma di Paolo Mastrolilli "l'incontro dei Ministri degli Esteri del G20 a New Delhi è sostanzialmente fallito, come quello precedente dei colleghi finanziari. (...) Non è stato possibile accordarsi su un comunicato congiunto per le divergenze sull'Ucraina. Mosca e Pechino si sono opposte anche a ripetere il linguaggio del G20 di Bali a novembre, che aveva denunciato le sofferenze provocate dalla guerra e bocciato l'uso di armi nucleari come inammissibile. (...) (Blinken si è incontrato con Lavrov e dopo ha dichiarato) che l'appoggio di Washington a Kiev non finirà mai (... ) Il segretario di Stato USA ha esortato la Russia a revocare la sua decisione irresponsabile e tornare alla partecipazione al trattato sul nucleare New START. (...) L'obiettivo principale del colloquio (con Lavrov)  era chiarire a Putin di non farsi illusioni, se la sua strategia è puntare sulla stanchezza dell'Occidente (...). La proposta di pace giusta sono i dieci punti avanzati dal presidente Zelensky, testo di partenza per una trattativa che non riconosce alcuna conquista militare russa".  

Secondo Giuseppe Sarcina, che scrive sul Correre della sera del 3 marzo del 2023, nel G20 "la Cina copre le spalle a Putin" (si legge nel titolo). 

Il pezzo attacca con "la Cina spalleggia ancora una volta la Russia e non firma la richiesta del G20 che chiede a Mosca di fermare l'aggressione all'Ucraina".  

L'incontro Blinken-Lavrov viene valutato "un segnale importante, perché spezza il canone adottato negli ultimi mesi da Washington: non c'è alcuna possibilità di negoziato all'orizzonte; non vale neanche la pena di parlare con Mosca". (...) L'Amministrazione Biden è convinta di poter mantenere compatto il fronte occidentale sul sostegno all'Ucraina e di potere ancora contare su un largo consenso nel Congresso. Tuttavia non vengono sottovalutati i segnali di insofferenza che arrivano dall'ala trumpiana dei conservatori e dalla sinistra radicale (...).  

Si parla poi dell'India che ha ospitato i lavori. "Negli ultimi mesi il presidente Narendra Modi ha mostrato un approccio oscillante. Il 16 novembre 2022, nel vertice del G20 a Bali, in Indonesia, aveva approvato il comunicato finale con una frase di sostegno all'Ucraina. Il 23 febbraio scorso, nell'Assemblea Onu, l'India si è astenuta ancora una volta sulla condanna dell'invasione putiniana. Ieri, invece, la presidenza indiana ha preparato un testo condiviso da tutti, tranne che da russi e cinesi. Anche gli europei hanno provato a riattivare possibili mediazioni con Mosca. Sembra ripreso, quindi, un certo traffico diplomatico". 

Il G20, ovvero "Gruppo dei 20", è il principale forum di cooperazione economica e finanziaria a livello globale. A livello di capi di Stato e di governo, si tiene ogni anno, e riunisce le principali economie del mondo, ovvero Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti (cioè i paesi del G7), i paesi del gruppo "BRICS" – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – e anche Arabia Saudita, Australia, Argentina, Corea del Sud, Indonesia, Messico e Turchia. A questi si aggiunge anche l'Unione Europea. Si tratta di un gruppo di paesi che costituiscono l'80% del PIL globale, nonché il 60% della popolazione del pianeta. 

L'assemblea dell'ONU il 23 febbraio 2023 aveva votato "per il ritiro immediato, completo ed incondizionato" della Russia dall'Ucraina, auspicando una pace "giusta e duratura in linea con la Carta delle Nazioni Unite". La redazione internet del quotidiano Avvenire così riferisce:  

"Il testo "ribadisce l'impegno per la sovranità, l'indipendenza, l'unità e integrità territoriale dell'Ucraina entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti" e chiede "la cessazione delle ostilità e il ritiro immediato, completo e incondizionato delle forze militari russe". Tra i 75 co-sponsor anche l'Italia.

La risoluzione ha ricevuto 141 voti a favore, sette contrari e 32 Paesi si sono astenuti, tra cui Cina e India. Tra gli astenuti ci sono anche Cuba, Pakistan, Angola, Etiopia, Algeria, Sudafrica, Zimbabwe, Iran, Armenia, Kazakistan e Uzbekistan".

(Si vada su: L'Assemblea dell'Onu vota risoluzione per il ritiro immediato della Russia (avvenire.it) )

All'Italia la delega di occuparsi del riarmo dell'India come compensazione per la rottura con la Cina?

Sempre sul Corriere della Sera del 3 marzo 2023, in un articolo a firma dell'inviato Marco Galluzzo, si riferisce della missione di Giorgia Meloni in India prospettando un "asse con Modi". Si parla di "partenariato strategico", "un upgrading che promette di sviluppare collaborazioni industriali, nel settore della difesa, della transizione energetica, dello spazio, dell'agroalimentare, a 360 gradi". 

(Per il premier indiano Meloni è una cara amica e comunica in pubblico i contenuti che gli stanno più a cuore): "in cima alla lista tre cose: cooperazione nel settore della difesa, esercitazioni congiunte e coproduzione di sistemi di armi e di sistemi di difesa". (...) I due ovviamente discutono anche di guerra in Ucraina. Meloni auspica un maggiore sforzo diplomatico da parte dell'India (...). Modi, che ha sempre tenuto una posizione di neutralità, dice di rendersi conto di tutte le conseguenze negative del conflitto e promette di parlare "con i nostri amici russi". Amici ma sino a un certo punto, visto che l'apertura alle aziende italiane è anche un modo di sganciarsi dalla dipendenza di armi prodotte a Mosca".  

Segue articolo, sempre a firma Galluzzo, su come "giganti come ENEL e Leonardo" , fanno parte di questo partenariato che "arriva addirittura a programmare esercitazioni militari congiunte (tra l'esercito indiano e quello italiano), un programma imperniato sulla scelta indiana di addestrare i loro corpi scelti. (...) La visita di Giorgia Meloni a Narendra Modi, alla quinta economia del mondo (in predicato di diventare la terza), a uno Stato che ha appena annunciato di essere pronto a investire 200 miliardi di euro in acquisti e produzione di armamenti, si porta con sé programmi, incontri e progetti che al momento stanno sullo sfondo, ma che hanno dettagli e cornici ben precisi. Ora qui attendono il ministro della Difesa Guido Crosetto, che insieme al suo omologo indiano, darà maggiore contenuto al memorandum siglato ieri. E attendono anche i progetti di investimento di decine di imprese che hanno accompagnato il nostro Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nel business forum che ha visto confrontarsi le nostre aziende leader con le omologhe indiane".

L'atlantismo opportunistico del ceto politico italiano. Come si comporterà la nuova segretaria del PD?

Giorgia Meloni si dà da fare come piazzista d'armi per il nostro mini complesso militare industriale con i suoi viaggi. Dell'India a margine del G20 abbiamo parlato, ora riferiamo di una nuova "partnership strategica" con gli Emirati Arabi Uniti, che - secondo Gianluca Di Feo (la Repubblica, 4 marzo 2023) - "rilancia la cooperazione militare interrotta nel 2021". Il titolo del suo articolo è: "Meloni negli Emirati ricuce lo strappo nel nome delle armi". 

La nostra premier è andata a rimuovere l'embargo sulla vendita delle armi deciso nel gennaio del 2021. "Un'iniziativa tutta pentastellata, voluta dal sottosegretario Manlio Di Stefano per punire l'intervento (degli EAU - ndr) nel conflitto yemenita e benedetta dal ministro degli esteri Luigi Di Maio". Giustificata in nome di una politica pacifista contraddittoria: "Allora perché - venne fatto notare con irritazione da Dubai - consegnate navi da guerra a Al Sisi e date a Erdogan gli elicotteri per attaccare i curdi? (...) La casa regnate aveva concesso all'Italia l'installazione di una base militare, indispensabile per gestire le operazioni delle nostre truppe prima in Iraq, poi in Afghanistan (...) Il trattato era stato rinnovato da poco ... quando il bando sugli ordigni made in Italy ha spinto le autorità emiratine a ordinarne la chiusura. (...) Gli Emirati vogliono ripartire da dove le relazioni si sono interrotte: le forniture militari, che danno il peso del legame politico. Il loro sogno sarebbe una flotta consegnata "chiavi in mano" da Fincantieri, con tanto di equipaggi addestrati in Italia, come sta avvenendo con il Qatar. (...) Il ministro della difesa Guido Crosetto è andato lì meno di un mese fa... poi c'è stata la firma di un accordo tra Fincantieri e il gruppo statale locale Edge. La rotta è stata tracciata..." 

L'atlantismo, vale a dire la concezione politica che vede nell'Occidente con leadeship americana il bastione della libertà e della democrazia nel mondo, garantite dal braccio armato della NATO, è una collocazione decisiva all'interno delle coordinate attuali del sistema della potenza ed anche un ombrello (e una garanzia) sotto il quale può prosperare il business degli strumenti di morte. Oggi questa collocazione significa appoggio senza se e senza ma alla strategia decisa dagli USA (più precisamente: da Biden) per l'Ucraina, quella degli aiuti militari ed economici al governo Zelensky, che è stata la cifra distintiva del governo guidato dall'ex BCE Mario Draghi. 

Giorgia Meloni, di Fratelli d'Italia, nella sua responsabilità di capo del governo, lo ha ereditato - l'atlantismo - ma va considerato che è una posizione alquanto recente, diciamo che nella forma Ucraina=libertà risale all'inizio della guerra, nel febbraio 2022. Non molti anni fa le decisioni di politica estera di Stati Uniti e Unione Europea erano criticate dalla Meloni, che  esprimeva una certa ammirazione per Putin e la Russia. Per anni, per esempio, aveva chiesto di togliere le sanzioni europee stabilite contro la Russia dopo l'invasione e l'annessione della Crimea, come è noto non accettata dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale. Come del resto faceva in quel periodo tutta l'estrema destra europea, all'insegna dell'ideologia sovranista con il suo profeta Steve Bannon. 

Il "sovranismo", caratterizzante la linea di Fratelli d'Italia alla sua fondazione nel 2012, è un nazionalismo estremo dal punto di vista dell'economia e della politica estera, più che tiepido, diffidente nei confronti delle grandi organizzazioni internazionali e delle storiche alleanze occidentali, intollerante e a tratti cospirazionista verso alcuni settori della società come la finanza e il sistema mediatico, attirato da soluzioni sociali autocratiche e sprezzanti del diritto internazionale, fra cui soprattutto quella della Russia di Vladimir Putin.  

Chi vuole governare in Italia deve americanizzarsi per ricevere il "Washington consensus" e diciamo che il suo tragitto per accreditarsi la Meloni e il suo partito (quest'ultimo un po' meno) lo ha compiuto. Gli "estremisti" raccolgono voti, ma poi devono travestirsi da "moderati" se vogliono essere ammessi senza scossoni nella "stanza dei bottoni" e restare in essa.  Il nuovo atlantismo di Fratelli d'Italia ha avuto il suo battesimo col sostegno parlamentare alle iniziative del governo Draghi in favore dell'Ucraina, comprese le forniture d'armi, i famosi cinque pacchetti di aiuti "secretati" votati anche dal pentastellato Conte, senza esprimere perplessità retoriche come hanno fatto invece Lega e M5S. 

Potrebbe essere considerato comico, ma purtroppo è una tragica realtà il fatto che tutto l'arco parlamentare è formato da soggetti "sovranisti" antiamericani che solo per opportunismo, a conti fatti per sete di potere, si mostra prona ai desiderata dell'egemone americano. Di Fratelli d'Italia ex antiNATO e antieuro abbiamo già accennato, ma parliamo ora dell'"amicizia" di Berlusconi, padre padrone di Forza Italia, per l'autocrate di Mosca e delle "simpatie" filo Russia Unita di Matteo Salvini (all'estero un primo ministro in carica ironizzò sulla "cheerleader di Putin"). 

Diciamo che i nostri deputati e senatori sono antiamericani nel cuore, ma filoamericani nel cervello orientato alla poltrona (con il veto americano non si governa) e nella pancia che si nutre di pecunia (contro il sistema del dollaro e il sottosistema dell'euro non si fanno affari). A questa verità dei ribelli di cartapesta si è adeguata a suo tempo l'avventura pentastellata ed è sempre stata fedele, forse più convinta di altri, la formazione che ha ereditato PCI e sinistra DC della Prima Repubblica, cioè il Partito Democratico. 

Adesso è tutta una pressione per fare rientrare tra gli "allineati e coperti" la nuova segretaria del PD, Elly Schlein. L'editoriale in prima pagina del Correre della Sera del 4 marzo 2023, intitolato "Sulla guerra in Ucraina banco di prova a sinistra", a firma di Goffredo Buccini, si chiede come si comporterà la Schlein che si è detta più volte dubbiosa sull'invio di armi. 

"La postura in politica estera è uno di quei passaggi che gli anglosassoni chiamano "defining moment", il bivio in cui si vede di che pasta sei fatto. Sicché, più dell'ecologismo d'assalto, più delle tasse di successione e del salario minimo, sarà questo il momento veramente discriminante per il Partito Democratico del prossimo futuro (a condizione Schlein - ndr). E la prima scadenza non è lontana, perché il 22 marzo Giorgia Meloni andrà in Parlamento alla vigilia della partecipazione al Consiglio Europeo. Se per allora si trattasse di votare su qualche mozione, magari presentata da un Movimento Cinque Stelle che potrebbe essere rivale ed alleato allo stesso tempo, avere una linea non sarebbe del tutto inutile per Elly e i suoi collaboratori. (...) 

Gli analisti di Pagella Politica si sono presi la briga di radiografare le dichiarazioni e i voti in aula (della Schlein - ndr), concludendo che la nuova segretaria del PD si è detta più volte dubbiosa sull'invio di armi ("per chi come me viene dalla cultura del disarmo") ma da deputata ha sempre votato a favore. Se l'ha fatto per disciplina di partito, obbedendo alle indicazioni del suo predecessore Letta, ora potrebbe essere venuto per lei il momento di cambiare registro. (...) Una defezione del Partito Democratico riaccenderebbe nei russi la speranza di ritrovare in Italia il ventre molle dello schieramento democratico. Certo, Giorgia Meloni per adesso tiene duro. E, con lei, deve farlo l'intero gabinetto. Ma un eventuale no alle armi che compattasse il PD sui Cinque Stelle farebbe venire meno quel trasversalismo atlantista che ha caratterizzato il nostro Parlamento dai tempi di Draghi. "


La terrestrità come bussola culturale per la diplomazia popolare dal basso: la proposta di Assisi come sede dei negoziati di pace


Quello che potremmo apportare noi, a partire da un approccio culturale innovativo eppure piantato con i piedi per terra del diritto internazionale, è il rispetto della Carta delle Nazioni Unite, partendo dai popoli (e dai diritti umani) e non dagli Stati. I popoli che, per lo Statuto dell'ONU, sono il soggetto sovrano che decide di liberare l'umanità dal flagello della guerra.
Quindi dobbiamo partire dai diritti umani e dal diritto umano alla pace, più che dal rispetto all'integrità territoriale degli Stati, come propone il piano cinese.
Il 18 febbraio a Piazza della Scala in Milano abbiamo lanciato con Angelo Gaccione, tra i fondatori della Lega per il Disarmo Unilaterale, una iniziativa "RICOSTRUIRE LA PACE", "per dire no all'invio di armi in Ucraina, per sollecitare un cessate il fuoco, per formulare una proposta ragionevole per un negoziato, per far sentire la nostra voce prima che sia troppo tardi".
Si è proposta Assisi come sede di una conferenza internazionale di pace e di un trattato di pace della società civile propedeutico ad essa: l'idea può essere collegata all'iniziativa di una lettera che, in nove esponenti a titolo individuale, abbiamo indirizzato a Michele Santoro, per sondare la sua disponibilità a promuovere un "partito della pace", che vedremmo positivamente nel contesto politico turbolento e per diversi aspetti regressivo che sta configurando il governo Meloni.  

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Aiutare la costruzione del partito della pace che non c'è

La parte finale della lettera propone al progetto "SERVIZIO PUBBLICO" di Santoro l'adozione di una serie di campagne portate avanti dal pacifismo "storico", indipendente e vocazionale, che potrebbe anche fare da antidoto all'accusa di filoputinismo, che comunque non mancherà di affliggere una eventuale nuova formazione politica ispirata all'opposizione alla guerra.

"Bisognerebbe partire da quelle di esse – campagne - che si rifanno ai cinque punti su cui l'opinione pubblica concorda, a detta degli stessi "media con l'elmetto".
Ecco sotto riportato il loro elenco, che è fondamentale se si intende aprire un dialogo tra "popolo della pace" (le avanguardie "calde") e "popolo" tout court (le moltitudini "tiepide", che occorre risvegliare e riscaldare nella partecipazione).
1 - I sondaggi attestano che innanzitutto gli italiani, pur solidarizzando con la popolazione ucraina martoriata dai bombardamenti, non vedono il coinvolgimento bellico dell'Italia come parte della soluzione del problema.
Ne consegue il "no armi no aiuti militari" ai belligeranti. No a sanzioni contro la Russia distruttive e autodistruttive. Siamo con il popolo che vuole una economia di pace.
2 – I sondaggi ci dicono che la gente vuole un cessate il fuoco e l'avvio contestuale di negoziati senza condizioni. Possiamo sostenere l'idea della WILPF (Lega delle donne per la Pace e la Libertà) che, in attuazione della risoluzione Cds ONU 1325, propone un piano di pace pensando all'OCSE come sede internazionale competente da coinvolgere. Una conferenza delle organizzazioni pacifiste e delle personalità culturali e politiche potrebbe stipulare un trattato di pace dal basso a modello di quello che sarebbe da adottare dalla diplomazia ufficiale degli stati.
(Nota bene: nella lettera non sta scritto che questa conferenza potrebbe tenersi ad Assisi).
3- Sempre dagli istituti di ricerca sulle opinioni sappiamo che la maggioranza popolare dice no all'aumento delle spese militari e rigetta ogni riarmo. A queste istanze possono essere collegare tre campagne pacifiste: a) sei per la pace sei per mille. Opzione fiscale per la difesa nonviolenta; b) adesione al Trattato di proibizione delle armi nucleari (e quindi no a nuove atomiche USA); c) No ai traffici di armi per mare per terra e via aerea. No al commercio delle armi.
4 - Object war. Sostegno al diritto alla obiezione di coscienza e al rifiutarsi di combattere ovunque nel mondo. Sostenere la mobilitazione delle madri dei soldati ucraine e russe, che ha comunque più agibilità politica nel clima repressivo dei Paesi in guerra
5- denuclearizzazione oltre che militare anche civile. Qui, in Italia, abbiamo più di un sondaggio: due risultati referendari schiaccianti, nel 1987 e nel 2011. L'impegno per la chiusura delle centrali a fissione in tutta Europa dovrebbe accompagnarsi alle energie alternative rinnovabili e il sostegno alle ricerche sulla fusione fredda, che – se verificata - potrebbe risolvere il problema delle scorie radioattive.
Su di esse – campagne - gli estensori della presente richiesta di incontro sono promotori e protagonisti.
Vorremmo – è lo scopo della presente lettera - avere con te un primo scambio di idee anche per aiutarti eventualmente a trovare strade per costituire l'ossatura organizzativa del nuovo partito, a partire dalla ricerca dei 300 giovani volontari che tu proponi di mettere insieme per dare corpo e gambe a una speranza concreta di futuro.
Pensiamo che servano, senza appesantimenti burocratici, una serie di gruppi di lavoro, una struttura, un'organizzazione, con delle capacità di elaborazione in ogni settore e un radicamento nelle attività sociali. Se li metti insieme, siamo pronti a collaborare. Fare eleggere degli eurodeputati è il meno, lo abbiamo riscontrato in diversi esperimenti recenti poi rivelatisi deludenti. Speriamo invece che riesca a nascere una comunità politica che funzioni oltre la rappresentanza degli eletti e abbia una continuità e una prospettiva durevoli, cui potere fare riferimento".
Seguono le firme:
Alfonso Navarra – Disarmisti esigenti, membro ICAN, Object war, Lega obiettori di coscienza
alfiononuke@gmail.com cell. 340-0736871
Daniele Barbi – Comitato antinucleare di Treviri
Ennio Cabiddu – obiettore di coscienza alle spese militari
Valerio Ferrandi – giovane volontario Brigate Emergency
valerioferrandi@gmail.com cell. 331-9562294
Giuseppe Farinella – Il Sole di Parigi
Cosimo Forleo (Per la scuola della Repubblica)
Luigi Mosca – fisico delle particelle elementari, già direttore del Laboratorio sotterraneo di Modane, membro ICAN
Milly Moratti – fisico nucleare, ricerche sulla fusione fredda, Chiamamilano
Chiara Origlia, giovane attivista, esperta in cooperazione internazionale

La proposta di formare un collettivo per le mediazioni Est-Ovest

Abbiamo un testo, elaborato - sulla base dei nostri confronti interni- da Luigi Mosca, che qui riportiamo negli elementi salienti - il documento completo è pubblicato come articolo a parte - onde sottoporlo alla discussione pubblica e collettiva

Prima di tutto una constatazione : esistono nel mondo principalmente

due tipi di 'culture':

a- la 'cultura del nemico', basata sui rapporti di forza, che conducono

sovente a conflitti e guerre, cioè un approccio 'perdente - perdente'

b- la 'cultura della cooperazione', basata su dialogo e solidarietà

secondo un approccio 'vincente - vincente'

Ciò premesso, cerchiamo di vedere come si è arrivati alla situazione

attuale della guerra in Ucraina e come conviene procedere non solo

per porre termine a questa guerra, ma anche per poter giungere ad

una nuova configurazione globale che consenta delle relazioni

pacificate, basate sulla giustizia, il dialogo e la solidarietà.

Come molti autori hanno già affermato, nulla può giustificare

l'attuale aggressione della Russia contro l'Ucraina, via terra, aria e

mare: un'azione in totale violazione del Diritto Internazionale e del

Diritto Umanitario.

Detto questo, si tratta anche di prendere coscienza del processo che

ha portato a questa situazione spaventosa.

(In sostanza, si tratta di considerare come l'improvvido e sfacciato allargamento della NATO sia stato percepito da parte russa - ndr).

(...)

Bisogna però tener conto anche della personalità di Vladimir

Putin, come si è rivelato durante i suoi 20 anni di "regno", cioè un

autocrate, fortemente ancorato alla storia della Russia fin dai suoi

esordi  - la "Rus" di Kyiv nel medioevo (X secolo) - sul territorio quindi

dell'attuale Ucraina) e con gli sviluppi della "Grande Russia degli

Zar", che egli sembra voler ricreare in una versione moderna. Inoltre,

va considerata la sua grande violenza nei confronti dei suoi oppositori

interni, e soprattutto esterni, come è stato particolarmente evidente

nelle guerre in Cecenia e in Siria.

Quindi, se si prendono in considerazione tutti questi elementi, forse

non c'è tanto da stupirsi del comportamento estremamente violento di

Putin nella situazione attuale, con la "conquista" della Crimea, poi

quella del Donbass, e forse oltre.

In conclusione, cosa fare? Direi: cercare di realizzare ora, in

condizioni molto più difficili, ciò che non è stato fatto negli anni

Novanta del secolo scorso, quando il contesto geopolitico era molto più favorevole, ovvero

aprire un dialogo con la Russia sui problemi di frontiera a

partire dallo statuto delle popolazioni di lingua russa nei paesi

dell'Est, in particolare in Ucraina, in Moldavia, e nei Paesi baltici che

costituiscono altrettante 'bombe a scoppio ritardato' di cui la prima è già

esplosa appunto in Ucraina. Ad esempio, in Estonia e in Lettonia

circa 1/3 della popolazione è russofona, e più de la metà di essa è

privata di ogni nazionalità !

Abbiamo cercato di lanciare una iniziativa in questo senso con la

WILPF-Italia (Patrizia Sterpetti), la WILPF Europa (Heidi

Meinzolt) , i 'Disarmisti Esigenti' (Alfonso Navarra), 'World

Beyond War'(Alice Slater), ed il supporto della 'Laudato Si' (Mario

Agostinelli), di 'Pressenza'(Olivier Turquet) e di alcuni altri.

Certamente poi i gruppi pacifisti in Ucraina ed in Russia potrebbero

apportare un aiuto essenziale.

Ora, a questo stadio della guerra in corso, appare chiara la necessità

di una mediazione per poter realizzare concretamente una tale

iniziativa.

La nostra proposta consiste quindi nel cercare di costituire un

"collettivo" di associazioni, movimenti, organismi (OSCE, …) e

personalità motivate e influenti (Lula, papa Francesco, …), che sia in

grado di operare questa mediazione, il tutto sotto l'egida dell'ONU.

Si tratta di arrivare ad aprire delle trattative cercando di "guardare la

realtà anche con gli occhi dell'altro".

In questa prospettiva proponiamo di iniziare con il mettere

insieme un gruppo di lavoro internazionale finalizzato a

produrre un modello di di trattato di pace 'dal basso', cioè da

parte della società civile.

La "cultura del nemico", così presente nel mondo occidentale, e in

particolare nel complesso Stati Uniti/NATO, potrebbe allora cedere il

passo a uno spirito di dialogo e cooperazione multilaterale, anche

allo scopo di poter combattere i veri nemici, che sono comuni a tutte

le nazioni e che si chiamano : riscaldamento globale, degrado

ambientale, miseria nel mondo, ecc.

Dovrebbe allora diventare chiaro che la NATO non ha più alcuna

ragione di esistere, e che il disarmo nucleare è essenziale, con

una adesione generale al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari

(TPNW) in Europa e nel mondo.

I poli attrattivi della galassia ecopacifista ed i loro impegni/scadenze

Nell'incontro online su zoom che proponiamo potremmo esaminare e verificare l'attrattività di queste campagne sopra elencate nella lettera a Michele Santoro all'interno stesso del movimento che ha manifestato i giorni a ridosso dell'anniversario della invasione dell'Ucraina, nei suoi vari punti di riferimento politico-organizzativi (RIPD, CALP, gruppi cattolici, No guerra No NATO, No Vax, Umanisti: e gli stessi Disarmisti esigenti, in piccolo).  

Abbiamo già richiamato, con il convegno di Venegono, il polo attrattivo che potremmo definire le resistenze territoriali più o meno antagoniste. Esse si sono ritrovate a Genova il 25 febbraio nella manifestazione indetta dal CALP e poi ha dato appuntamento il 4 aprile nell'anniversario della NATO (il 74ennale). 

Anche il polo attrattivo umanista ha lanciato un appello, sotto il nome di Europe for Peace, Campagna nata dal Forum del 2006 a Lisbona, per convergere però il 2 aprile e da tutta Europa (almeno) "per dare un forte segnale pacifista".  Nell'appello si precisa che "Saranno benvenuti tutti i tipi di attività, manifestazioni, sit-in, conferenze, comprese meditazioni e preghiere che ognuno farà secondo la propria religione o in accordo al proprio ateismo. Il 2 aprile proponiamo inoltre di spegnere tutte le televisioni e i social network, come protesta nonviolenta verso i mezzi di informazione che si sono trasformati in ripetitori della propaganda della guerra e della violenza. Perché le informazioni circolino e le attività realizzate possano essere conosciute anche al di fuori del proprio Paese, possiamo contare sull'agenzia internazionale Pressenza, che appoggia la campagna."  Anche quest'anno ci sarà Eirenefest, il Festival del libro per la pace e la nonviolenza a Roma. Si terrà dal 26 al 28 maggio. Quest'anno l'impostazione sarà un po' diversa dal festival dell'anno scorso: sarà articolato per aree tematiche. Olivier Turquet, coordinatore del Festival, ha detto che si avanzerà una proposta alle scuole, perché nelle loro biblioteche ci sia uno scaffale di libri sulla nonviolenza. Per questo si chiede la collaborazione e l'impegno delle singole associazioni nelle realtà locali.

Il polo attrattivo facente capo alla Rete italiana pace e disarmo, che si è appropriata in modo a nostro parere inappropriato della medesima sigla Europe for Peace per le manifestazioni dal 24 al 26 febbraio (si vanta di avere portato in piazza a Roma 40.000 persone il 25 febbraio) si riunisce in assemblea - in presenza - a metà marzo, per la precisione l'11 e il 12 marzo, per stabilire il da farsi. Attualmente, finalizzati all'Assemblea, stanno lavorando tre gruppi di lavoro: uno per l'ambito società-economia-ambiente, coordinato da Sergio Bassoli; uno per l'ambito europeo, coordinato da Francesco Vignarca (Europe for peace); uno per l'ambito dell'agire, coordinato da Mao Valpiana.

 I dissidi con la Tavola della della Pace di Flavio Lotti dovrebbero essere stati parzialmente ricomposti, perché la Perugia-Assisi straordinaria, nella notte tra il 23 e il 24 febbraio, è stata inserita nel programma del  citato weekend di manifestazioni dal 24-26 febbraio. Il 21 maggio è programmata la passeggiata ordinaria da Perugia ad Assisi. 

Il polo attrattivo delle organizzazioni cattoliche (48 movimenti, tra i quali Pax Christi, che hanno sottoscritto l'appello a sostegno della campagna "Italia ripensaci") si è riunito il 18 febbraio a Bologna. In primavera è previsto un convegno delle organizzazioni che partecipano al progetto di istituire in Italia un Ministero della Pace, in una declinazione diversa da quella proposta dalla LOC.

Il polo attrattivo che ruota attorno alla galassia No VAX, No Green Pass, sinistra sovranista contigua, protagonista della mobilitazione contro Zelensky al festival di Sanremo, per quanto si riesce a capire, si sta dividendo in due comitati che propongono quesiti analoghi per referendum contro il commercio delle armi e per la sanità pubblica.

Sul polo attrattivo LDU-Disarmisti esigenti & patners (WILPF Italia in prima fila) possiamo caricare la notizia che l'incontro tra il Prefetto e una delegazione di "Ricostruire Pace. Artisti, donne e uomini di pace di Piazza della Scala" è stato fissato per martedì 14 marzo. Gli porteremo l'istanza da recapitare al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio e ai ministri del Governo assieme alla lista delle adesioni che ci sono pervenute da tutta Italia. Nell'istanza ribadiamo la nostra contrarietà, e quella della stragrande maggioranza degli italiani, ad inviare armi sul teatro di guerra russo-ucraino per evitare di alimentare il conflitto, e di adoperarsi, invece, per una seria trattativa negoziale, secondo quanto è stato letto in Piazza della Scala  sabato 18 febbraio scorso.  

Ma la scadenza principale, nel periodo più prossimo, è sicuramente quella che si pone in continuità con i presidi/digiuni di coerenza ecopacifista, dedicati ad Antonia Sani: le comunicazioni in Parlamento del premier Meloni alle Camere il 22 marzo 2023, alla vigilia del Consiglio d'Europa. Sarebbe questa la nostra quinta tappa di mobilitazione, nella quale ci riconvochiamo, per protestare, ogniqualvolta si vota, anche con atti di indirizzo, in Parlamento l'invio di nuove armi all'esercito ucraino, tentando, da parte di un ceto politico opportunista e ipocrita, di confermare uno schieramento atlantista trasversale tra maggioranza e opposizione.

Un'altra scadenza che consideriamo fondamentale, è, in aprile, il lancio per il 2023 della Campagna OSM-DPN (dovrebbe coincidere con il 50enario della fondazione della Lega Obiettori di Coscienza) che dovrebbe, se possibile, connettersi all'iniziativa "SEI PER LA PACE SEI PER MILLE", in appoggio a "UN'ALTRA DIFESA E' POSSIBILE".


La data fissata per la consultazione (informale) tra disarmisti e disarmiste è domenica 5 marzo dalle ore 17:00 alle ore 20:00.

© 2022 coalizione disarmista nonviolenta - progetto L.D.U.
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