Perché i pacifisti non si mobilitano quando il Parlamento europeo decide sulla guerra?

07.07.2024

Ho ricevuto queste domande da parte di una attivista straniera.

Perché tante organizzazioni per la pace non aderiscono al presidio davanti al Parlamento Europeo?

Puoi parlarci un po' della situazione politica italiana in questo momento?  Saluti

Da parte di Alfonso Navarra

(Si ricordano due appuntamenti: 1) la conferenza stampa del 9 luglio, dalle ore 11:00 alle 12:30, alla LIBRERIA D'AMICO, via Silvio D'Amico 1 - Roma; 2) il presidio dal 16 al 19 luglio davanti al Palazzo del Parlamento Europeo) 


Cara amica, provo a prendere spunto dalle tue domande per avanzare pubbliche riflessioni in modalità chiara - spero schematica - sui problemi che esse implicano. A guardare tutti i movimenti in corso ci sarebbe molto da ridere, ma purtroppo stiamo vivendo un periodo drammatico. Il baratro della guerra mondiale si sta avvicinando e diciamo che questo non favorisce affatto un sereno e distaccato senso dell'umorismo...
La comunicazione di partenza che tu definisci interessante era un commento a un articolo di Antonella Nappi pubblicato sul sito de "La libreria delle

donne".https://www.libreriadelledonne.it/puntodivista/contributi/gli-occhi-su-strasburgo/

Di Antonella Nappi

A proposito della conferenza stampa del 9 luglio e del presidio davanti al palazzo del parlamento europeo dal 16 al 19 luglio.

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Questo il commento: 

Prevediamo per quanto ci riguarda un presidio ridotto di max 20 persone per cui abbiamo chiesto il permesso davanti al palazzo del parlamento europeo. 

Ma la speranza è che si muovano anche altri gruppi pacifisti con i quali potremo convergere. Senza farsi più di tanto illusioni perché il pacifismo corrente non si rende conto dell'importanza di essere presenti nei momenti in cui si prendono le decisioni fondamentali. Non a caso abbiamo chiamato in causa, nell'immagine di accompagnamento dei nostri post, Diogene il solitario che cerca l'uomo onesto!

Ursula von der Leyen si ripropone come presidente della commissione Ue e svolgerà il suo discorso programmatico pro guerra. È importante sapere chi la voterà e chi come movimento sarà presente per cercare e incrementare gli eurodeputati "obiettori". Noi definiamo tali quelli che non voteranno, con l'esplicita e centrale motivazione dell'opposizione alla guerra, la maggioranza Ursula allargata a verdi e fratelli d'Italia. Probabilmente anche i verdi italiani si accoderanno e questo lo potremo verificare direttamente. Si spera che non saremo solo noi a fare questo lavoro di stimolo, di verifica e controinformazione. Ma è importante sapere che una organizzazione come Europe for peace, ad esempio, non ha nulla in programma nei giorni dell'apertura della decima legislatura europea. Non foss'altro che per inquadrare gli accadimenti che seguiranno. Perché è successo in passato e succederà ancora che ci saranno organizzazioni che faranno manifestazioni per la pace quando non c'è nessuna decisione in ballo insieme alle organizzazioni che hanno sottoscritto le decisioni per la guerra. Faranno manifestazioni per la pace con chi ha votato per la guerra seminando confusione nell'opinione pubblica. Cioè per una "pace giusta " ottenibile solo mediante una vittoria militare contro il nemico russo. La nostra testimonianza di verità è importante ed è una base per costruire percorsi di mobilitazione orientati non alla retorica agitazione di un tema, bensì alla pratica soluzione del problema della pace innanzitutto attraverso il disarmo. E questo si può ottenere solo se si pratica e ci si abitua a praticare una coerenza tra dichiarazioni e azioni...

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Prendiamo quindi come esempio "Europa per la pace": essendo una grande rete formata da organizzazioni che raccolgono milioni di iscritti, dovrebbe essere in prima persona a indire autonomamente una mobilitazione in vista della sessione di apertura del PE. Quali sono i motivi per cui ciò - la visita al sito lo attesta - non succede? L'ipotesi "siamo in estate, il nostro personale è in vacanza" non regge perché per l'appunto ci troviamo di fronte a giganti organizzativi dalle buone disponibilità economiche, attrezzati con cospicuo funzionariato. Allora resta in campo solo l'ipotesi del disinteresse rispetto all'evento.

Proviamo, in relazione a questo fattore, come promesso, ad essere schematici. Il disinteresse riguarda, a mio avviso, due aspetti: 1) la dimensione europea dell'azione; 2) la non volontà di essere vertenziali e contrappositivi verso le istituzioni.

Il primo punto lo possiamo anche collegare all'adagio: "Passato il voto europeo, gabbata l'Europa".I movimenti tutti, non solo ARCI, ACLI e compagnia, ma soprattutto i piccoli gruppi, non sono affatto abituati a inserire la loro azione locale nel contesto generale più adeguato alla soluzione dei problemi. Qui in Italia in particolare vivono un localismo esasperato, tanto che qualcuno ha teorizzato il "passaggio dalla coscienza di classe alla coscienza di luogo". Quindi una rete burocratica, interessata ad agitare un tema piuttosto che ad affrontare un problema, non troverà chi le chieda conto dal basso dei suoi comportamenti. Potrà benissimo indire manifestazioni "scariche" rispetto all'aspetto vertenziale e preferirà usare i momenti in cui mobilitarsi non serve. Mentre portare la gente a protestare quando l'istituzione prende la decisione è solo causa di imbarazzo e di problemi. Si rischia di entrare in conflitto con i protettori politici della rete burocratica. Chi glielo fa fare? Ma ecco una eccezione alla regola: l'incombenza mediatica. Il "tema" è diventato "scottante", i riflettori della stampa vi sono puntati, l'assenza non può non essere notata e c'è il rischio che qualcun altro si introduca nello spazio lasciato vuoto...
Esiste, infatti, una differenza tra "agitare un tema" e "occuparsi di risolvere un problema". Per l'associazionismo burocratico l'essenziale è essere accreditati come chi occupa lo "spazio" di un "tema" definito dall'amministrazione. Bisogna avere, sul "tema", il monopolio dei tavoli di rappresentanza nelle consultazioni (parlamentari o ministeriali) anche perché, su quello specifico argomento di cui si è diventati referenti, vi sono i famosi bandi pubblici dei progetti da finanziare. La logica dell'affrontare un problema perché si è realmente interessati a risolverlo è invece diversa. E' ardua e scomoda. Porta inevitabilmente a conflitti da gestire nello scontro con poteri e interessi di lobby anche economiche...
La pace diventa allora tutto un grande un "tema" per mobilitazioni generiche che non disturbano nessuno. E meno disturbano meglio è. Paradossalmente è meglio farle nei momenti in cui non ha senso scendere in piazza. Chiamare alla contestazione di massa dell'aumento delle spese militari quando si sta discutendo la legge finanziaria? Non sia mai! Ma qualche documento da lobbista può essere sempre recapitato alla commissione difesa e magari ci scappa pure l'audizione parlamentare...
Ma, per allargare il discorso, se non desta meraviglia che Europe for Peace resti in letargo, che dire allora, facendo un altro esempio, della Lista PACE TERRA DIGNITA' che ha promesso di "fare uscire l'Europa dalla guerra" e di costruire, quorum o non quorum del 4%, un movimento politico in questo senso? Santoro e La Valle, i promotori principali, pensano forse che l'obiettivo si possa conseguire disertando la pressione vigile e la contestazione alla sessione inaugurale della decima legislatura del parlamento europeo, quella che voterà Ursula von sturmtruppen (l'espressione è di Marco Travaglio) a presidente della commissione Ue, magari (stiamo a vedere) anche con i voti dei verdi italiani aggiunti a quelli dei verdi europei?
Michele Santoro è un grande comunicatore ed una persona dalla indiscussa onestà, ma non sembra abbia imparato la lezione politica che, con ogni probabilità, uno dei motivi (non l'unico, per carità!) per i quali si è fermato solo a poco più del 2 per cento dei consensi è il fatto che non abbia mai partecipato a proteste qui in Italia quando in parlamento si decidevano i pacchetti di aiuti militari all'Ucraina (dopo il G7 in Puglia siamo arrivati al nono). Queste proteste avrebbe dovuto anzi capeggiarle, in Italia, lui stesso di persona e cercare di costruire su di esse una base militante organizzata. Ed anche oggi in Europa sarebbe il caso che fosse lui a muoversi per primo. Si sveglierà, magari all'ultimo momento? Anche qui stiamo a vedere.
In Europa, come si è detto, Santoro, salvo ripensamenti, non si farà vedere; 
mentre invece abbiamo notato Raniero La Valle inserirsi felice, a nome di PTD, nell'assembramento, egemonizzato da Elly Schlein, che è andato a presentare i referendum (su premierato e autonomia). E' una iniziativa che, a mio parere, schiaccia l'opposizione "divisiva" alla guerra sotto un antifascismo retorico, che pone lo stesso Orban, elogiato da Raniero per il suo viaggio ucraino-russo, tra le bestie nere. Sono in molti a pensare che questa lotta sia già persa in partenza e anche se la si vincesse sarebbe sostanzialmente lo stesso. Anche qui c'è un "tema" in ballo, cioè - presuntamente - "l'unità democratica dell'Italia".
La Schlein che ora lancia ed egemonizza in Italia il fronte popolare antifascista (mentre in Europa sull'atlantismo e la guerra converge con la Meloni dietro Ursula) si era fatta da giovane le ossa con un movimento chiamato: "Occupy PD". Forse è necessario un movimento chiamato "Occupy PTD " per ricordare ai nostri amici della "Catena dell'Umanità" che chi vuole costituire e costruire comunità politiche predispone ambiti veri e aperti di discussione, non iniziative preconfezionate con il format Sanremo. Magari dai giovani okkupanti che, in PTD, esigeranno il dibattito democratico senza reti nascerà la futura leader o leadership del "partito della pace che non c'è". E l'astensionismo, che chiede novità, potrà essere più facilmente interpellato e recuperato. Gli italiani e gli europei torneranno a occuparsi di politica vera, prima che la politica, nella forma della guerra, si occupi di loro in modo più catastrofico di quanto non abbia già fatto finora...

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