Cda RAI in cambio di astensione sulle missioni internazionali? La sinistra "poltronara" è affidabile dal punto di vista pacifista?

27.09.2024

La "sinistra poltronara", cui dovremmo appoggiarci per l'opposizione alle guerre, è affidabile dal punto di vista pacifista?

Intanto è stata accusata di aver barattato l'astensione sulle missioni internazionali con le nomine nel CDA RAI.

Un fatto sicuro è che questa astensione sulle missioni c'è stata.

Cominciamo con la notizia che c'è stato il via libera dalle commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera al rifinanziamento delle missioni internazionali per il 2024.

Ecco quanto si legge in un dispaccio dell'agenzia RADIOCOR del 24 settembre 2024:

"Il rifinanziamento delle missioni, ha ricevuto l'ok oltre che della maggioranza, anche del Pd e di Azione (astenuti Avs e M5S)".

Stiamo parlando di 46 tra missioni ed interventi di cooperazione dell'Italia.

Troviamo tutto nel bollettino ufficiale della Camera al seguente link:

https://documenti.camera.it/leg19/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2024/09/24/leg.19.bol0371.data20240924.com0304.pdf

La legge implicata è la 145 del 2016, articolo 4, comma 1. : permette di ripartisce i fondi come ora indicato nella deliberazione del Consiglio dei ministri 26 febbraio 2024.

Nicola Fratojanni (AVS) comunica l'astensione "dal momento che il provvedimento in esame non consente di esprimere una valutazione sulle singole missioni".

Ma ribadisce il sostegno del suo gruppo a UNIFIL in Libano.

Marco Pellegrini (M5S) concorda con questa posizione.

Leggiamo nel decreto del consiglio dei Ministri:

"Le risorse del Fondo per le missioni internazionali (…) sono ripartite, ai sensi dell'articolo 34, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per euro 1.490.160.236 per l'anno 2024, e per euro 289.350.000 per il 2025. (…)

Quanto agli oneri per le iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario, agli interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza, alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza e agli interventi operativi di emergenza e di sicurezza, le risorse passano da 358,6 milioni, previsti nella scorsa annualità, a circa 361,6 milioni nel 2024".

Il "baratto" è stato imputato dalle forze "concorrenti" di M5S e AVS e si riferisce alla vicende che stanno portando al nuovo CDA della RAI.

Le notizie essenziali le riprendiamo dallo stesso sito della RAI.

https://www.rainews.it/articoli/2024/09/rai-il-voto-al-parlamento-per-lelezione-di-quattro-componenti-del-cda-c81bdb60-b038-4e58-9984-2201736e0f7f.html

"L'Aula della Camera ha proclamato l'elezione di Federica Frangi e di Roberto Natale (AVS- ndr), mentre il Senato ha eletto quali componenti Antonio Marano e Alessandro Di Majo (M5S-ndr). Mentre il ministro dell'economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, ha proposto alla presidenza del Consiglio dei ministri per il CdA la nomina di Simona Agnes e Giampaolo Rossi". (...) Le Camere eleggono quattro membri del Consiglio di amministrazione che resteranno in carica, secondo le regole attuali, per 3 anni. Poi, la partita si sposterà in commissione di Vigilanza – la presidente è Barbara Floridia (M5S ndr) – dove serviranno le preferenze di due terzi dei componenti per scegliere il presidente. (...) I membri del consiglio in totale sono 7. Due sono eletti dalla Camera dei Deputati, 2 dal Senato della Repubblica, 2 sono designati dal Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'Economia e 1 dall'assemblea dei dipendenti Rai".

Le polemiche sul voto non mancano e "Il Manifesto" di oggi, 27 settembre 2024, nel titolo parla di "PD FURIOSO". L'articolo, a pagina 2, è a firma di Andrea Carugati. Quella che sarebbe saltata, con il "tradimento" del voto per il CDA di M5S e AVS, è la campagna di opinione contro "TELEMELONI".

"Ad agosto le opposizioni unite avevano provato a mettere in difficoltà le destre: niente nomina del CDA RAI senza una riforma del servizio pubblico che recepisca le indicazioni del Media freedom Act europeo. (...) (Ma la barricata non ha tenuto - ndr). Il dramma è tutto a sinistra. Per il PD non c'è solo la solita inaffidabilità di Conte (sui temi RAI più frequente del solito) ma anche lo strappo con i cugini di AVS. (..) Conte replica: il CDA deve essere presidiato dalle forze di opposizione... non è una poltrona ma una posizione di controllo. Chi fa l'Aventino lo deve fare per le direzioni e le testate (...). Tra le opposizioni il clima di sospetto regna sovrano. I dem aspettano il voto su Agnes per vedere se Conte si è venduto davvero. Ma la cartina al tornasole saranno le nomine nei TG: se dopo decenni il TG3 dovesse passare dal PD al M5S (è già pronto il nome dell'ex direttore del TG1 Giuseppe Carboni) allora sarà la prova che Conte si è messo d'accordo con le destre, ragionano fonti parlamentari dem".

Nella stessa pagina del quotidiano, Giuliano Santoro parla di un asse AVS-M5S nato con l'approdo dei pentastellati nella THE LEFT europea.

"Il dato ineludibile è che l'intesa tra rossoverdi e 5 Stelle si è prodotta ormai da qualche mese al parlamento europeo, dove AVS (e anche Rifondazione, che fa parte del Partito della Sinistra europea e anche senza eletti ha voce in capitolo) hanno dato il loro assenso all'ingresso dei pentastellati in THE LEFT. (...) (L'asse M5S-AVS che si sta profilando - ndr) non è per fare saltare la leadership di Schlein (come Conte sperava fino a pochi mesi fa) ma per strappare spazi di agibilità. (...) (Dal M5S sottolineano - ndr) che l'attuale legge è opera del PD renziano. (...) In AVS ammettono che Schlein ha bisogno di una scossa, il tema della guerra è un esempio. Secondo la versione che circola, la scelta aventiniana di Schlein era più un modo di sfuggire alle beghe interne del PD: Natale garantisce anche il PD - rivendicano. C'è spazio per ricucire".

L'editoriale di Micaela Bongi è la solita lamentela moralistica sul "vecchio tic dello scontro sulla leadership". Ma comunque l'articolo riconosce che "il problema non sono i nomi degli alleati ma i temi, dalla guerra allo ius soli e ora anche al lavoro, sui quali manca la sintonia. (...) L'alternativa può attendere e Meloni può brindare all'ultima e inaspettata incursione vittoriosa nel campo delle opposizioni".

Su il Fatto Quotidiano di oggi, 27 settembre 2024, Gianluca Roselli dà informazioni su Roberto Natale, "giornalista RAI, per 10 anni segretario dell'Usigrai e poi presidente della Fnsi, nonché portavoce di Laura Boldrini quando era presidente della Camera (2013-2018). (...) Natale è sempre stato vicino al Pd, la Schlein è riuscito a farlo eleggere da AVS senza sporcarsi le mani…

Al giornalista il 5 Stelle Dario Carotenuto dichiara: "Il PD rivendica una verginità che non ha: innanzitutto per il numero di fedelissimi piazzati in azienda e poi per la pessima legge fatta da loro in epoca Renzi che adesso boicottano".

Sul FQ viene anche intervistata, da Luca De Carolis, Barbara Floridia, 5 Stelle, presidente della Commissione di vigilanza sulla RAI. "Non vogliamo le poltrone, ma la riforma della televisione pubblica, in ottemperanza al Media Freedom Act europeo... A fine ottobre si terranno (organizzati dal M5S - ndr) gli Stati generali sulla RAI. Sarà un evento di due giorni per ragionare su come rinnovare la Rai, aperto alla società civile, con dei tavoli riservati a esperti e un confronto anche tra gli esponenti della forze politiche".

La "lottizzazione" della RAI si riferisce alla pratica di spartizione delle posizioni di potere all'interno dell'azienda radiotelevisiva pubblica italiana tra i vari partiti politici. Questo termine è stato coniato nel 1974 da Alberto Ronchey e si è diffuso dopo la riforma del 1975, che ha trasferito il controllo della RAI dal governo al Parlamento.

L'idea era di garantire maggiore pluralismo e indipendenza, ma nella pratica ha portato a una divisione delle reti e delle posizioni dirigenziali in base all'influenza politica.

Ad esempio, quando è nata, Rai 1 e Radio 2 erano sotto l'influenza della Democrazia Cristiana, mentre Rai 2 era associata al Partito Socialista Italiano.

Questa spartizione ha reso la gestione della RAI più complessa della egemonia unica DC delle origini della TV allora di Stato anche di nome; e spesso soggetta - questa gestione - a cambiamenti frequenti in base alle maggioranze politiche del momento.

A un certo punto c'è stato il coinvolgimento del PCI e il momento saliente è stata la nascita di quella che è stata chiamata "TELEKABUL": non solo il TG3 sotto la direzione di Sandro Curzi, ma tutta la rete televisiva sotto Angelo Guglielmi.

E' evidente che la (ex) partitocrazia, oggi politica istituzionale delle cordate politiche, ha bisogno di controllare una parte dell'informazione sedicente pubblica.

I decenni sono passati e di strutturale è cambiato forse questo: se prima i partiti piazzavano i propri giornalisti di riferimento in una grande mangiatoia di Stato, ora sono le cordate giornalistiche in RAI che si piazzano nei partiti per regolare i loro conti di potere all'interno dell'azienda. 

(Qualche anno fa era noto il fatto che buona parte dei giornalisti in ruolo, allora circa 15.000, vi fosse stipendiato senza fare un beneamato tubo; mentre il lavoro vero era effettuato da contrattisti esterni. Adesso che un po' di gente è approdata alla vera pensione, riesce difficile pensare che vi sia stato un effettivo cambiamento dell'andazzo...)

Neanche la rivoluzione giudiziaria di Tangentopoli ha cancellato le pratiche spartitorie, che fanno sì che oggi RAI1 è appannaggio del governo in carica, mentre Rai 2 è in quota centrodestra e Rai 3 in quota centrosinistra.

Per non parlare della sostanzialmente finta concorrenza con il monopolio privato messo su da Silvio Berlusconi (con l'aiuto di Bettino Craxi).

Da anni sentiamo risuonare il grido: "Fuori i partiti dalla RAI!" - che sarebbe meglio individuare come "MEDIARAI" o "RAISET", cioè un finto duopolio, mai veramente intaccato - mentre, gli stessi, continuavano e continuano a spartirsi le nomine del pubblico servizio. E i posti dei giornalisti raccomandati, in traghettamento dagli organi di stampa appartenenti alle parrocchie politiche. Anche oggi infuriano le polemiche sulle nomine, con la richiesta di "spoliticizzazione" della Rai che si ripete. Perché con gli equilibri che spingono a destra, la RAI, nel mondo reale della partitocrazia scaduta a sottopartitocrazia, non può che rimanere tale e lo spoil system è in essa inevitabile. Succede, come si è detto, da decenni: ma le abitudini "egemoniche" non passano perché sono ragione di vita del sottoceto politico, che occupa le istituzioni democratiche in quanto veicolo di carriera, clientele, affari, privilegi che precedono ogni interesse di servizio rappresentativo.

A destra, come a sinistra. Ed anche nella sinistra più a sinistra, sottoceto del sottoceto ...

Ritorniamo allora alla domanda iniziale e rispondiamo: possiamo considerare la "sinistra poltronara" affidabile dal punto di vista pacifista?

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